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Cultura

Taiji, Salute e benessere

In considerazione dello stretto rapporto con la visione taoista dell’universo il taijiquan si colloca anche in stretto rapporto con la medicina cinese che lo considera un tesoro da affiancare all’agopuntura e alla fitoterapia. 

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L’uso di definiti movimenti fisici, tecniche respiratorie, e strumenti cognitivi, come visualizzazioni e consapevolezza rivolta verso l’interiorità, porta al rafforzamento del corpo, alla rilassatezza della mente e all’equilibrio del flusso del QI. 

La pratica del taijiquan è assolutamente rispettosa della postura. Ogni movimento avviene sempre intorno al baricentro mantenendolo in posizione centrale. Il mantenimento della postura verticale con l’estensione del capo e del tronco porta ad atteggiamenti della postura corretti e riduce la naturale 

tendenza ad incurvarsi che si verifica con l’età . 

Data la sua sempre maggiore diffusione nel mondo occidentale il taijiquan è entrato a far parte di vari protocolli di studio che ne hanno valutato la efficacia su molti aspetti della salute e delle malattie. 

Una ricerca approfondita appositamente per il nostro libro sui campi di utilizzo del Taijiquan in ambito salutistico di cui riportiamo una sintesi elaborata analizzando gli studi elaborati da diverse  Università in ambito medico

Apparato locomotore 

Il principale effetto riportato da numerosi studi è la riduzione del rischio di cadute e la conservazione dell’equilibrio nei soggetti praticanti anche di età avanzata. Se si tiene conto che nel 1/3-1/2 dei soggetti sopra i 65 anni si verifica una caduta almeno una volta ogni anno e che le complicanze di tali cadute sono nel 10-15 % la fratture del femore e/o del radio, la riduzione del 47% del rischio di caduta nei soggetti che praticano il TJQ rispetto a quelli che fanno esercizi di postura (1,2,3) rappresenta un forte incentivo ad introdurre tale pratica all’interno delle attività motorie per la terza età. 

Poiché le cause più importanti della perdita di equilibrio sono rappresentate dalla diminuzione della forza muscolare e della flessibilità, dalla modificazione del cammino che avviene con l’invecchiamento, dalla riduzione di attività del sistema visivo e
vestibolare, è ben comprensibile come il TJQ riesca ad imprimere un cambio di direzione a tale processo attraverso:  

  • l’aumento della forza degli arti  inferiori e della mobilità delle articolazioni delle anche, ginocchia, caviglie perché i suoi movimenti, pur essendo dolci, stimolano i muscoli e la articolazioni, che sopportano il peso del corpo e, muovendosi in continuazione, acquistano mobilità e flessibilità (4), la maggior flessibilità della colonna e la maggior rotazione del bacino, che aiuta a muoversi più sicuri nello spazio sempre presenti al movimento; 
  • la maggior attività del sistema visivo e vestibolare (orecchio). Questi sistemi che invecchiano con l’avanzare dell’età, si mantengono in efficienza attraverso la continua sollecitazione data dai lenti movimenti del TJQ associati alla sguardo (lo sguardo dirige il movimento). Nello studio di Tsang (5) il confronto tra gruppi di anziani praticanti e sedentari e un gruppo di giovani mostrava che la componente visiva e vestibolare dell’equilibrio era sovrapponibile nel gruppo di giovani e di anziani praticanti rispetto al gruppo di anziani sedentari. 

Un altro effetto importante sull’apparato locomotore è il rallentamento della perdita di osso nelle donne in menopausa. In questa categoria di persone il 90% delle fratture da osteoporosi è conseguente ad una caduta. Quindi le donne hanno un maggior rischio di fratture rispetto gli uomini. La perdita ossea inizia nella 4° decade e subisce una accelerazione con la menopausa. Le cause dell’accelerazione menopausale riguardano fattori ormonali, l’età e fattori secondari come modificazioni della circolazione, malnutrizione, riduzione dell’attività fisica, ma è anche importante la riserva con cui ci si presenta alla menopausa. È stato rilevato che donne in menopausa da 1-9 anni, praticanti di TJQ da almeno 4 anni, presentavano una densitometria ossea di base più alta del 10-15 % rispetto a donne sedentarie come espressione di un ritardo della perdita ossea e che dopo 12 mesi la perdita di osso era inferiore di 2 volte rispetto ai controlli sedentari, in particolare a carico del femore e della tibia (2,6-3,6 volte meno), ossa queste, che più facilmente vanno incontro a fratture (6).

Sistema cardiocircolatorio e respiratorio 

L’attività esercitata durante la pratica del Taijiquan può essere equiparata ad un esercizio aerobico di media intensità.
Il TJQ risulta efficace sulla pressione sanguigna portando ad una diminuzione sia della sistolica che della diastolica(7), Questo è soprattutto importante e dimostrato su donne di età media, in menopausa in una fase della vita l’ipertensione rappresenta un evento frequente. 

L’attività praticata influisce anche sulla frequenza cardiaca e respiratoria con aumento del consumo di ossigeno.
Nella figura 1, tratta dal lavoro di Yunfa Liu (8), è evidente come praticanti esperti di taijiquan presentino una frequenza respiratoria di base (parte sinistra del grafico) nettamente inferiore a persone che hanno appena iniziato lo studio della pratica, sia nella fase di riposo sia durante l’esecuzione della forma 24. Nella parte destra del grafico invece, è riportata la frequenza cardiaca che risulta superiore nei soggetti esperti come espressione di una maggior capacità ed intensità di esecuzione dell’esercizio. 

Il taijiquan è stato utilizzato in molti studi all’interno di percorsi riabilitativi. In persone con scompenso cardiaco cronico(9) è stato dimostrato che la pratica del TJQ come attività fisica riabilitativa portava ad un aumento staticamente significativo dei metri percorsi al test dei 6 minuti di cammino e del consumo di O2 evitando il decondizionamento e migliorando la tolleranza all’esercizio fisico; la maggioranza dei soggetti studiati riferiva inoltre un miglioramento della qualità della vita e una continuità nella pratica che si prolungava al di là del tempo dello studio. 

Il coinvolgimento dei praticanti è un aspetto importante e positivo dell’inserimento del taijiquan all’interno dei percorsi riabilitativi, soprattutto per patologie croniche che richiedono costanza e un tempo variamente lungo di esercizio. In questi gruppi l’abbandono spontaneo, la discontinuità, è un evento frequente che riduce l’efficacia del percorso riabilitativo. Negli studi che hanno utilizzato il taijiquan, viene riportata invece costanza e aderenza da parte dei partecipanti che nasce dalla essenza stessa del TJQ, pratica che coinvolge mente e corpo, che presenta una progressione, un percorso da percorrere in un gruppo che la pratica stessa unisce e rafforza.

Se si analizzano gli elementi fondamentali della tecnica, il passo con il lavoro sul piede e la spinta verso l’alto, il respiro lento, profondo, diaframmatico, il suo collegamento ritmico con il movimento, si comprende come la pratica del TJQ sia associata ad un miglioramento delle caratteristiche vascolari periferiche e a un ritardo del declino vascolare età associato, come ha dimostrato Jong-Shyan Wang(10) nello studio sulle caratteristiche circolatorie degli arti inferiori in anziani praticanti da vari anni, studio che ha messo in evidenza un sistema circolatorio efficiente e sovrapponibile a quello di giovani sedentari. Nella tecnica del passo il massaggio costante della pianta del piede e la spinta verso l’alto aiutano, stimolano, mantengono efficiente la pompa che spinge il sangue venoso carico di anidride carbonica dalla periferia verso il cuore destro e da questo ai polmoni per scambiarla con l’ossigeno che da qui attraverso il cuore sinistro tornerà a nutrire tutti i nostri organi e tessuti. Questo percorso avviene in coordinamento con il respiro e con il movimento ritmico del diaframma che come un mantice aiuta il ritorno del sangue venoso al cuore e spinge il sangue ricco di ossigeno alla periferia. L’efficienza del sistema vascolare è quindi garanzia di un corpo sano ed efficiente in cui il processo di invecchiamento segue vie naturali e viene rallentato.

Sistema nervoso centrale 

Nel cervello si producono varie onde a seconda dell’attività: le onde alfa si sviluppano nello stato di calma, ad occhi chiusi, le onde beta esprimono invece uno stato di reattività, l’azione, con gli occhi aperti. 

Nello studio di Yunfa Liu (8) da cui è tratta la fig.2, si è visto che nei praticanti di TJQ nella fase di rilassamento, anche brevissima, (1 min) le onde alfa aumentano notevolmente come segno di una capacità del cervello di riposarsi e di recuperare maggiormente gli stress e l’iperattività e di raggiungere rapidamente uno stato di rilassamento e di calma. 

Le onde beta invece, compaiono nella fase di pratica con potenza superiore rispetto ai sedentari, ma sono presenti già prima a significare un maggior coinvolgimento nella pratica, quella che i maestri cinesi chiamano consapevolezza, consapevolezza del movimento ancor prima di compierlo. 

È stato recentemente segnalato l’uso del taijiquan in programmi riabilitativi per persone uscite dal coma dopo eventi traumatici. Questa pratica si mostra in grado di incidere su due aspetti che accompagnano il post- coma: la capacità di rilassarsi e la capacità di concentrazione. Alla luce dello studio precedente si comprende come questi due aspetti vengano 

favorevolmente influenzati dalla pratica del taijiquan che da un lato favorisce uno stato di calma mentale, uno stato meditativo sempre più profondo, aiutando a raggiungere uno stato di rilassatatezza e dall’altro stimolando la mente alla consapevolezza del movimento, favorisce la capacità di concentrazione.
La capacità del TJQ di favorire la calma mentale, lo stato di rilassatezza, spiega anche l’influenza sul sonno: soggetti anziani con moderate turbe del sonno sono stati studiati (11) utilizzando il taijiquan in confronto con esercizi a basso impatto. I praticanti riportavano significativi miglioramenti nella qualità del sonno; inoltre si riduceva la latenza del sonno con una riduzione di 18 minuti per notte nella comparsa del sonno, un aumento della durata con 48 minuti di sonno in più durante la notte, un miglioramento della efficienza del sonno e riduzione dei disordini ad esso connesso. Questo può essere riferibile alla maggior facilità alla condizione di riposo con predominanza delle onde alfa come visto nel lavoro di Junfa. 

Un ultimo aspetto importante è la attività sulla memoria: imparare, non smettere mai di imparare mantiene in esercizio il nostro cervello ed e’ la miglior ginnastica che gli possiamo far fare.
Ebbene IL TAIJIQUAN, oltre a doverlo imparare perché non è un semplice esercizio ma una sequenza, ci costringe alla memorizzazione, a pensare sempre a quello che stiamo facendo, ad essere sempre presenti e consapevoli ma nella calma. Quindi il nostro cervello è attivo, lavora, ma sempre nella calma, senza stress né rincorse. Questo mantiene giovane e allenato il cervello.

Malattie degenerative 

Una revisione molto selettiva di studi sull’artrite reumatoide (Cochrane collaboration 2004) ha evidenziato un miglioramento significativo della flessione delle caviglie e dell’estremità del piede, del tempo di tenuta della posizione eretta, della velocità di marcia e del tempo dell’alzarsi dalla sedia, miglioramento della flessione e rotazione delle spalle, della vita, delle anche e ginocchia. Se i risultati possono sembrare di modesto significato, va tenuto in considerazione che la durata degli studi e quindi della pratica era di 6 mesi, per una malattia con andamento subdolo, cronico, progressivo ed invalidante. 

I movimenti fluidi, lenti, sicuri, il controllo della postura, il coinvolgimento di tutte le articolazioni danno ragione dell’effetto benefico nelle cosiddette malattie degenerative, malattie da invecchiamento e da cattive abitudini di vita. 

Una buona pratica quotidiana del taijiquan non può che essere la via per uno stato di benessere, per una vita senza malattie e per un processo di invecchiamento piacevole, consapevole e accettabile. 

“Se prendete tutto il mondo nel vostro cuore, se arrivate a dominare correttamente il vuoto e il pieno, se respirate l’Energia primordiale e mantenete lo spirito calmo e tranquillo, i vostri muscoli esisteranno finché esisterà la Terra”. 

Note:

1. Steven L. Wolf et al. Selected As the Best Paper in the 1990s: Reducing Frailty and Falls in Older Persons: An Investigation of Tai Chi and Computerized Balance Training,J Am Geriatr Soc 2003 

2. Steven L. Wolf et a.: Intense Tai Chi Exercise Training and Fall Occurrences in Older, Transitionally Frail Adults: A Randomized, Controlled Trial, J Am Geriatr Soc 2003 

3. Everard W. et al. Health benefits of Tai Chi exercise: improved balance and blood pressure in middle- aged women; Health Promotion International Vol. 19. No. 1 © Oxford University Press 2004) 

  1. Han A, et al. Tai chi for treating rheumatoid arthritis (Review)THE COCHRANE COLLABORATION 2004 
  2. Tsang W et al.- Tai Chi Improves Standing Balance Control Under Reduced or Conflicting Sensory Conditions, Arch Phys Med Rehabil 2004 

6. Kaiming Chan et al , A Randomized, Prospective Study of the Effects of Tai Chi Chun Exercise on Bone Mineral Density in Postmenopausal Women, Arch Phys Med Rehabil 2004 

7. Everard W. Etal. Health benefits of Tai Chi exercise: improved balance and blood pressure in middle-aged women, Health Promotion International Vol. 19. No. 1 © Oxford University Press 2004 

8. Yunfa Liu, et al. Physiological Benefits of 24-style Taijiquan Exercise in Middle-aged Women, J Physiol Anthropol Appl Human Sci 2003 

9. Gloria Y. et al. Effects of Tai Chi Mind-Body Movement Therapy on Functional Status and Exercise Capacity in Patients with Chronic Heart Failure: A Randomized Controlled Trial, Am J Med. 2004 

10.Jong-Shyan Wang. et al. Tai Chi Chuan Training is Associated with Enhanced Endotelium-Dependent Dilation in Skin Vasculature of Healthy Older Men, JAGS 50:1024-1030, 2002 

11.Fuzhong Li, et al. Tai Chi and Self-Rated Quality of Sleep and Daytime Sleepiness in Older Adults: A Randomized Controlled Trial, J Am Geriatr Soc 52:892–900, 2004 

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Taiji, salute e benessere

Il Mio Computer consulta l’Yìjīng (i Ching)

Grazie ad uno studente che nel novembre del 1990 si presentò a casa mia con un Mac dicendomi “con questo puoi scrivere anche i caratteri cinesi”, sono diventato incompatibile con il resto del mondo dopo appena un ora che lo usavo senza neanche aver aperto un manuale. Tutto quello che oggi è considerato normale, sfondi grafici sulla scrivania, mouse, clic e doppio clic, cartelle, icone e cestino…. Era tutto lì in quel piccolo computer con lo stemma della mela,  Apple Macintosh  è un tipo di mela californiana, una di quelle che rosicchiavano in continuazione dentro il loro garage i due (allora 1976) giovani creatori Jobs e Wozniak.

Decisi che era meglio entrare a far parte di una minoranza il 3%, una setta elitaria “un evangelista del codice Mac” piuttosto che appartenere al mondo grigio dominato da Bill Gates,  avevo dato solo un morso al frutto proibito e sconosciuto che si chiamava GUI, Grafic User Interface per rimanerne incantato. Era stato sufficiente per abbandonare la via seguita dal resto del mondo informatico dai messia degli schermi verdi e del C>:/config.sys/8086.ddl/nome campo/speriamochefunziona.exe.

Se a IBM deve essere riconosciuto il merito di aver ridotto un PC (inventato da Pier Giorgio Perotto, ingegnere all’Olivetti e professore al Politecnico di Torino è bene ricordarlo). per metterlo sulla scrivania, Alla Apple va il merito di aver trovato il modo di rendere il computer accessibile agli “analfabeti informatici” …. copiato poi e male da Microsoft con Window.

Oggi le cose sono diverse iPod, gli smartphones e altro, hanno spianato la strada della conoscenza, avere un Mac non significa più appartenere ad una setta e … un po’ mi dispiace.

Cosa centra tutto questo con il titolo? Forse nulla, era per introdurre il discorso sul mondo dei computer.

Come funziona un computer?, coma fa a comprendere i comandi e ad elaborare i dati?. Lo fa con un sistema “semplice” aprendo e chiudendo con una certa logica una infinità di interruttori e permettendo quindi alla corrente di passare o non passare “on” “off”  attraverso un interscambio duale, potremmo dire anche Yin e Yang ma andiamo con ordine..

L’aritmetica usata abitualmente è impostata su base 10, invece il computer usa un sistema su base 2 detto binario, prende e trasmette dati attraverso una sequenza logica di numeri creata con due soli numeri lo 0 e l’1, per esempio quando digitiamo il numero nove il computer apre e chiude 4 interruttori in questa sequenza: – on, off, off, on – ossia 1001, 9 in binario 1 per aprire “on” 0 per chiudere “off”. Come si è arrivati a questo? Bisogna fare un passo indietro, molto indietro e se avete pazienza di seguire il ragionamento continuando a parlare di numeri ci troveremo persi nella filosofia e nel pensiero cinese che è alla base del Taiji come per esempio l’I Ching o Yi Jing o libro dei mutamenti….

 

 

 

 

La parte che segue è frutto di studi e ricerche anche personali.

 Sulla rete tempo fa proprio mentre cercavo informazioni su bit, numerazione binaria, energia quantica e universo olografico, ho trovato ad opera di …… per pura casualità l’argomento in questione ben organizzato, che descrive in forma semplice meglio di quanto avrei potuto fare io con le mie conoscenze concetti matematici e filosofici complessi.

Yi Jing, è un antichissimo libro oracolare cinese. In esso affondano le loro radici Taoismo e Confucianesimo.  Dicono che i suoi responsi si rivelano infallibili.

La sua consultazione non è semplicemente finalizzata a predire il futuro, ma soprattutto a conoscere la disposizione della situazione attuale per poter intraprendere le azioni appropriate ed agire in sintonia con le circostanze presenti. Alla base dell’I Ching sta il principio del divenire. Attraverso i suoi oracoli possiamo conoscere la qualità del mutamento in atto e possiamo intervenire di conseguenza. Ciò che lo differenzia dagli altri sistemi divinatori è la saggezza che lo pervade, lo stimolo continuo a meditare ed indagare all’interno di noi stessi.

Come può un libro fornire indicazioni sulle scelte da fare? Se concepiamo l’intero universo come un organismo vivente, l’uomo vi si inscrive come una delle sue cellule. Ma noi siamo molto piccoli in confronto al tutto, e questo ci impedisce una visione allargata degli avvenimenti, anche di quelli che ci toccano più da vicino. Per questo fin dalle più remote epoche storiche abbiamo cercato ed indagato i canali che potessero metterci in comunicazione con le sfere più alte della coscienza. L’I Ching è uno di questi canali ed è fortemente in sintonia con le ultime scoperte scientifiche e teorie della fisica quantica, basta andare su internet e digitare “paradigma olografico”  per iniziare a pensare e chiedersi che cosa è la realtà.

Il linguaggio di questo “libro vivente” è però spesso oscuro, l’interpretazione mutevole.

La consultazione dell’oracolo si effettua tramite il lancio di tre monete, ripetuto per 6 volte. Ciascun lancio viene letto come una linea, che può essere intera o spezzata, fissa o mobile. Si origina così una delle 64 combinazioni possibili, denominate esagrammi, in quanto composte da sei linee. L’esagramma ottenuto rispecchia la situazione nella quale ci troviamo e la lettura e interpretazione del capitolo relativo ci fornirà le indicazioni su come agire o non agire in quella determinata situazione. Se nell’esagramma compaiono linee mobili, avremo poi una seconda figura, il Mutamento, o immagine del trasformarsi del momento presente.

La numerazione binaria che oggi usiamo nei calcolatori, si fa risalire a Leibniz. Il grande matematico che la descrisse in “De Progressione Dyadica”, pubblicato nel 1679. Ma c’è un antefatto; Liebniz (fra l’altro bibliotecario) era in corrispondenza con un gesuita missionario in Cina, padre Joachim Bouvet, che fece conoscere al grande matematico i curiosi diagrammi con gli esagrammi  riportati in un testo antico molto diffuso in Cina, quanto la Bibbia in Europa. 

“Curiosi – scrisse Bouvet – perchè i cinesi da questi esagrammi del Libro dei I-CHING (detto anche Oracolo delle Mutazioni, e le cui origini  si perdono nei miti della Cina preistorica – 4000 fa),  riflettono le “mutazioni” che avvengono costantemente in tutti i piani dell’universo, inoltre affermano i cinesi è concepito per gettare luce sul mondo nascosto dietro le apparenze, e agisce quale guida ai misteri dell’io inconscio. Quindi oltre che un testo con una base scientifica, ha degli aspetti descrittivi e normativi dell’etica dell’uomo, fornisce indicazioni su quali criteri e valori devono essere rispettati da chi agisce”.
Bouvet diceva il vero. Infatti,  le due maggiori “correnti di pensiero” cinesi, il taoismo e il confucianesimo, si ritrovano nelle pagine dell’I-Ching. Lao Tse  fondatore del taoismo poggia molti suoi insegnamenti sulla saggezza dell’oracolo, e lo stesso Confucio lasciò scritto una serie di commentari proprio su I-Ching. Curiosa una sua affermazione riportata dagli Analettici (VII, xvi) “Se potessi aggiungere alcuni anni alla mia vita, ne dedicherei cinquanta allo studio dei I-Ching, così eviterei di commettere grandi errori”.

Padre Bouvet, un gesuita curioso, indagatore, matematico e filosofo,  in Cina rimase forse sconcertato nel vedere che il testo dei  I-Ching non era preso in considerazione solo da individui di bassa cultura, come un oracolo pagano, ma che per filosofi e scienziati  il testo era fondamentale, lo usavano da secoli,  e su questo sistema avevano creato non solo alcune correnti di pensiero ma anche quelle scientifiche. Quindi Bouvet riteneva che da parte occidentale questo testo per lui quasi impenetrabile richiedesse un maggior approfondimento “scientifico-matematico” e anche filosofico. E chi meglio di Leibniz poteva analizzarlo? Il matematico lo riceve e  lo esamina per giorni e giorni; scopre dal grande cerchio dei 64 esagrammi (o dal quadrato al centro con 8 x 8 caselle) che se sostituiva la linea spezzata con lo 0 e la linea intera con un 1, poteva rappresentare qualsiasi simbolo in un numero con una progressione “binaria”. Non solo, ma forse intuisce pure, che ogni altro tipo di informazione umana, con lo stesso sistema, affidandosi ad alcune sequenze numeriche (in binario) ci si poteva costruire convenzionalmente (tutti gli alfabeti sono segni convenzionali) alcune lettere di un immaginario “alfabeto”, di conseguenza  parole,  frasi; dunque anche esprimere dei concetti. Come arrivò a questa conclusione non lo sappiamo;  la corrente,  i relè e le valvole termoioniche non esistevano e l’on-off  neppure poteva immaginare cos’era, e altrettanto il polo positivo e il polo negativo, figuriamoci poi le porte logiche o gli indirizzi di memoria che (in binario) sono oggi universali.

Ora sappiamo che ne I-Ching, le linee intere e quelle spezzate hanno lo scopo di rappresentare i principi fondamentali dell’esistenza.

La linea intera ( ____) fu chiamata YANG, e significa il ” polo positivo ” (attivo) (l’1)

La linea spezzata ( __ __ ) fu chiamata YIN, e significa il polo “negativo” (passivo) ( lo 0)

Poi i cinesi per mostrare i rapporti tra questi due opposti, le due linee furono combinate in coppia allo scopo di formare il maggiore e il minore Yang e il maggiore e il minore Yin. Poi venne aggiunta un’altra linea, che formò le otto possibili figure trilineari o trigrammi. Ad ognuno di questi trigrammi venne dato un nome e certi attributi di base. Combinando in coppie i trigrammi si giunse a formare 64 figure di sei linee ognuna, dette esagrammi. Poi si nominarono uno per uno aggiungendo un testo interpretativo. E ogni parte del testo (Sentenza, Commento)  era (e lo è ancora) il responso  di due trigrammi combinati. Nulla fu fatto a caso come potrebbe sembrare.

Leibniz comunque senza tanto badare alla simbologia e al testo, ma concentrandosi sui segni, creò in poche parole con la “sua” logica (ma come vedremo questa era matematicamente già presente)  il suo SISTEMA BINARIO. Ne parlò in giro con i colleghi, risero in molti, sembrò una speculativa e astratta bizzarria di un matematico, non ci capirono nulla, e fu alla fine dimenticata. La riscoprì BOOLE, molto più tardi. Riprendendo gli studi di Leibniz, nel 1855, ci costruisce la sua  logica binaria. Ma anche i suoi risultati sono presi come una stramberia. Non avevano un impiego pratico.

A parte questi due estemporanei e autorevoli  interessamenti, l’I-Ching  come testo oracolare, rimase in occidente sconosciuto fino al 1882, quando l’irlandese James Legge, ne fece una traduzione in inglese, molto intricata, ma anche lui, inutile, perchè non spiegò (ed era la parte più profonda – visto l’uso filosofico che se ne faceva in Cina) come potevano essere usati  gli esagrammi; anzi lui stesso nel commentarli,  con molto scetticismo negò a IChing  la funzione di oracolo; si potevano solo soggettivamente interpretare, e ognuno  poteva fare uscire la risposta “che desiderava”.  Con queste premesse il libro fece la stessa fine di quelli di Leibniz e di Boole; fu considerato una bizzarria, questa volta di uno scrittore,  un’altra  “Cineseria”.

L’I-Ching li riprese in mano Gustav Jung. Li utilizzò per un’indagine psicologica, cercando chissà cosa;  ma si arrese subito, pur trovando alcune risposte nell’oracolo stupefacenti, che gli permettevano  una percezione profonda del problema che lo preoccupava. Nella sua autobiografia,  Ricordi,  Jung descrive queste percezioni:  “Vi trovo delle singolari risposte, risultati di ogni genere, connessioni significative, ma purtroppo nel corso dei miei pensieri io non riesco ancora a spiegarmi molte cose”.
Poi vennero altre pubblicazioni; nel 1929 e  una nel 1949. Quest’ultima, in inglese ebbe più successo, ma più che altro fu una curiosità per gli amanti del mistero o in cerca di nuove credenze religiose. Fra l’altro lo studio era stato fatto sui  I-Ching in quella versione stesa e commentata dal filosofo cinese Sung Shao Yung verso il 1060 d.C. L’ordine degli esagrammi apparivano  sistemati in un modo diverso da quello antico, e cosa strana e singolare, nessun altro estensore o commentatore  nei successivi secoli accennò minimamente che l’oracolo avesse una relazione col mondo dei numeri;  cioè con la matematica, simile a quella della scuola pitagorica (ancora oggi discutibile – leggi Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico. Capitolo, “I numeri principio della realtà”) che in quanto a originalità c’era molto poco. Certamente la dimostrazione riferita negli Elementi di Euclide non fu fatta da Pitagora; ma anche in quella che era uscita dalla sua Scuola non vi era molta chiarezza sulla “discontinuità”, c’era il più astruso “labirinto” della ragione. Infatti, il rapporto tra continuo e discontinuo resterà, per tutta la storia del pensiero umano, un problema molto difficile e molto dibattuto. I pitagorici non s’inoltrarono nel “labirinto”, e i successivi scienziati non trovarono altra via se non quella di scindere completamente la geometria dall’aritmetica, interpretando la prima come studio del continuo e la seconda come studio del discontinuo. La svolta che poi avvenne con il cristianesimo bloccò definitivamente questa speculazione.

Ma torniamo a Padre Bouvet.  A Leibniz  il gesuita  inviò non una tavola degli esagrammi posteriori all’anno 1060, ma una antecedente chissà dove scovata, e Leibniz,   chissà come, ci costruì il suo sistema binario, che si basa sulla permutazione di due cifre o quantità. E visto che poi non fu di nessuna utilità pratica, non si capisce perché perse tanto tempo per nulla. Qualcosa Leibniz comunque cercava!  La sua irriducibile e ostinata lotta (implacabile sulle sue Epistole) sul dualismo cartesiano era appena iniziata. E si affannava a darsi una risposta che non veniva. Leibniz non poteva immaginare di avere scoperto (o riscoperto) con il suo sistema la più importante convenzione oggi adottata dai computer che è basata su un “naturale” stato o principio: proprio quello della dualità. Quasi una beffa del destino! Infatti questo “lavoro”  di Leibniz non solo anticipava di un secolo e mezzo la “logica” di G. Boole, ma anticipava quello che sarebbe stato poi  il vero linguaggio del calcolatore,  con il quale il programmatore fornisce istruzioni allo stesso e il linguaggio in base al quale esso interpreta, senza sapere che cosa significhino, le istruzioni che riceve, ed elabora in termini puramente binari ogni informazione di tipo classico opportunamente introdotte sempre in binario (o tramite un linguaggio/interfaccia grafica che usando stringhe di bit  crea parole (convenzionali)  di istruzioni o comandi molto più semplici) Questa numerazione binaria si rivelò in seguito utilissima negli elaboratori (elettromeccanici poi elettronici) perché usano (due sole cifre. Per esempio un circuito elettrico può essere aperto o chiuso e i due possibili stati si possono far corrispondere all’unità e allo zero; una serie di circuiti può servire perciò a rappresentare qualsiasi numero. Inoltre in logica matematica, una preposizione può essere soltanto vera o falsa e le due possibilità sono simbolizzate mediante le cifre 1 e 0: e l’algebra di Boole, impiegata poi negli elaboratori, si fonda su questo presupposto. Boole (e sembra molto singolare anche questo) enunciando la sua “logica booleana” non intitola la sua opera con un termine matematico, lui che è un puro matematico, ma gli dà un nome quasi filosofico: “Investigazione sulle leggi del pensiero”. Probabilmente chi acquistò il libro attirato dal titolo rimase molto deluso nel trovarsi poi dentro in questo enigmatico testo, e forse si chiese a cosa serviva e perché quel titolo, visto che parlava di numeri. 

LEIBNIZ aveva quindi creato il suo Sistema Binario, BOOLE molto più tardi riprendendo gli studi di Leibniz   aveva costruito la sua logica binaria,  poi ZOSE (nel 1936)  ATANASOFF  (nel 1939) (uno con i relè, l’altro con le valvole termoioniche) e  NEUMANN (nel 1945-46)  l’hanno usata  per elaborare il linguaggio macchina  del computer, con i commutatori  elettrici poi elettronici (chiamati circuiti flip-flop) che hanno due posizioni. Uno inserisce la corrente, l’altro la disinserisce. Queste due posizioni sono rappresentate dal numero 1 e dallo 0. – 1 per inserire, e 0 per disinserire.
(l’attivo e il passivo YANG e YIN). Adesso arriva la parte più interessante

Il termine  SUAN, in cinese significa calcolo ma anche rivelazione divina. E in Cina il rapporto tra matematica e divinazione é stato sempre stretto. L’universo fu suddiviso nei principi opposti ma complementari di Cielo e Terra (e qui ritorna  Yang e Yin).  Il Cielo  che abbraccia la Terra fu indicato con il numero 1, la terra con il numero 2. Il Cielo principio attivo, la Terra principio passivo.  Ma il numero 1 era speciale, non doveva essere il primo di una serie che continuava all’infinito, ma doveva rappresentare  il simbolo del cuore dell’universo intero. Ed era così astratto nel processo dei mutamenti che non fu coinvolto perché rappresentava la totalità dell’esistenza. Fu deciso così di non usarlo.  Alla Terra rimase il 2, e al Cielo fu assegnato il 3.

L’Universo (1 apparente) fu diviso nei principi opposti ma complementari, PARTENDO quindi DAL 2 Tutti i numeri pari furono assegnati alla Terra, mentre tutti i dispari a partire dal 3 assegnati al Cielo. (Yin e Yang)

Il binario (o meglio quello di Leibniz del 1679)  si basa sulla permutazione di due cifre o quantità  nel suo sistema. Ed è  identico a  l’I-Ching (concepito  3700 anni prima di Leibniz) Affermare che sia stato il caso sarebbe pura follia. E lo vedremo più avanti. Un circuito in serie di commutatori elettronici odierni,  può formare un numero nella progressione binaria….o…un esagramma  dei  I-CHING.

Per documentare questa operazione  si può partire dall’aritmetica che abitualmente usiamo, che ha come base il 10. (non dimentichiamo che lo 0 (usato da Fibonacci nel 1200) fu introdotto in occidente  dagli arabi che a loro volta lo avevano mutuato dagli indiani, ed è legato allo sviluppo di un sistema numerico decimale posizionale, che i greci ignoravano) Aggiungendo uno zero a ogni numero lo moltiplichiamo per 10. Leibniz ai suoi tempi questo lo sapeva già, ma fu il primo a realizzare la possibilità di un’aritmetica che avesse (e qui ripete quello che hanno fatto i cinesi) come base il 2. Infatti, la progressione per 2, che viene chiamata progressione binaria o diadica, moltiplica ogni numero solo per due quando uno zero viene aggiunto.  (notare il 2 il 4 e l’8) Per esempio, i primi dieci numeri della nostra normale progressione nella progressione binaria diventerebbero

1 = 1
2 = 10
3 = 11
4 = 100
5 = 101
6 = 110
7 = 111
8 = 1000
9 = 1001
10 = 1010

Andiamo ora sugli esagrammi, a scoprire lo stupefacente!

(qui prendiamo in considerazione il cerchio, quello quadrato centrale è identico, di 64 caselle, e ne parleremo più avanti) Partiamo dal basso, dall’esagramma Po (in fondo, in mezzo al cerchio, il secondo a sinistra in senso antiorario) che  è 1 nella progressione binaria se si ignorano gli zeri che precedono; ma anche qui l’esagramma subito a sinistra di Po, il K’un, è composto da sei line spezzate, cioè 000000) Il successivo esagramma, Pi, a destra di Po, è 2 (espresso come 10 nella progressione binaria), e così di seguito.

Per fare un controllo, il modo migliore è di iniziare con un numero nella nostra progressione abituale di 10, quindi  trasformarlo nella progressione diadica. (quello che abitualmente fanno tutti i programmatori con il “linguaggio macchina”)

Per fare questo occorre dividere il numero per 2, scrivere il quoziente sotto e il resto di fianco. Poi dividere ancora il quoziente per 2, mettere il nuovo quoziente sotto e il resto di fianco; quindi continuare in questo modo fino a quando si ottiene un quoziente uguale a zero. La colonna laterale dei resti è il numero da cui siamo partiti espresso nella progressione binaria.
Ora per  trasformarlo in esagramma, tracciamo una linea spezzata accanto ad ogni 0 e una linea intera accanto ad ogni 1. Questo ci darà l’esagramma che corrisponde al numero col quale abbiamo iniziato.

2 esempi: il risultato in fondo a queste due tabelle è utile per ricavare da un numero qualsiasi 1 o 0 mentre quelli a destra forniti dai resti danno sia il numero binario e nello stesso tempo la linea intera o spezzata dei 64  esagrammi dei  I-Ching.

es. n. 50 diviso 2

…………..= 25  resto 0 = ___  ___
diviso 2 = 12  resto 1 = _______
diviso 2 =   6  resto 0 = ___  ___
diviso 2 =   3  resto 0 = ___  ___
diviso 2 =   1  resto 1 = _______

diviso 2 =   0

es. n. 64 diviso 2 

………….= 32 resto 0 = ___ ___
diviso 2 =16 resto 0 = ___  ___
diviso 2 =  8 resto 0 = ___  ___
diviso 2 =  4 resto 0 = ___  ___
diviso 2 =  2 resto 0 = ___  ___

diviso 2 =  1

se il risultato ci fornisce meno di 6 righe per formare l’esagramma si aggiungono  tanti zeri  per completarlo.

 

l’ on-off  = acceso-spento, inserito-disinserito, polo positivo-negativo lo otteniamo alla base. cioè lo Yang e Yin = attivo-passivo, polo positivo-negativo, maschio-femmina.

Senza dover illustrare tutti i vari simbolismi “filosofici” oppure “oracolari” dei I-Ching, cerchiamo di restare legati al pensiero fondamentale della dottrina pitagorica: “I numeri sono il principio di tutte le cose. Tutte le cose che si conoscono hanno un numero; senza questo nulla sarebbe possibile pensare, né conoscere”.-  Alla scuola di Pitagora era apparso inadeguato il principio unico dei naturalisti ionici. Per rendere conto di questi più complessi problemi sdoppiarono il principio in due opposti: da una parte il principio del limitato, del finito, dell’unitario, che rappresentava l’ordine, il cosmo, il bene; dall’altra il principio dell’illimitato, dell’infinito, che raffigurava il disordine, il caos, il male. La loro grande intuizione (almeno così ci è stata tramandata) consistette nel vedere nei numeri e nei loro rapporti “la chiave” e la struttura ultima di questo assetto dualistico della realtà, ma col termine “numeri” i pitagorici intendevano soltanto i numeri interi, concepiti come collezioni di più unità. Non fecero particolari indagini sulla natura di queste unità, limitandosi a rappresentarle con punti, circondati ciascuno da uno spazio vuoto. Volevano ad ogni costo cogliere il modo con cui dalla collezione di più unità si generano tutti gli esseri. Le leggi della formazione dei numeri venivano considerate come leggi della formazione delle cose, e si riteneva di poter trovare in esse  la vera ragione esplicativa del mondo fisico e morale.

La più importante di queste leggi era costituita dall’opposta struttura dei numeri dispari e di quelli pari. L’antitesi dispari/pari veniva così  assunta a principio di una serie di altre nove opposizioni, che spezzavano il mondo in due: limitato-illimitato, uno-molti, maschio-femmina, luce-tenebre, acceso-spento, buono-cattivo, quadrato-rettangolo, attivo-passivo, cielo-terra,  ecc.
Alcune di queste nove opposizioni avevano palesemente un carattere fisico; altre invece un preciso carattere morale. Quindi questa presenza di significati multipli finiva con l’infondere ai numeri in generale, e a certuni di essi in particolare, un vero e proprio valore magico-simbolico..  Così un certo numero dispari veniva assunto per rappresentare una cosa, quello pari fu legato a un’altra..

Prendiamo ora i primi fondamentali dieci esagrammi cinesi e ricordiamoci della suddivisione CIELO (tutti numeri dispari), TERRA (tutti numeri pari)  e seguiamo le relazioni date dai creatori dei I-Ching. (ma anche qui non dimentichiamo il valore magico-simbolico,  che ci ricorda moltissimo quello pitagorico)

Intanto osserviamo  il cerchio che contiene gli esagrammi;  In basso, primo a sinistra, l’esagramma 2 (K’un) ha il  il significato di  passività, sottomissione all’1 che ha creato tutte le cose; e non a caso é rappresentato da sei line spezzate, cioè in binario 0-0-0-0-0-0 In alto, primo a destra, troviamo l’esagramma 1 (Ch’ien) con il significato cielo attivo, creatività primaria, la fonte di tutte le cose;  e non a caso è rappresentato interamente con sei linee,
cioè in binario 1-1-1-1-1-1

Se invece gli esagrammi vogliamo rintracciarli nel quadrato 8 x 8 (posto al centro del cerchio) la ricerca è facilitata, il primo (000000 – 6 righe spezzate) si trova nell’ ULTIMA casella in fondo a destra (la 64), l’altro (111111 – 6 righe intere) nella PRIMA casella (1) a sinistra in alto. Attenzione, abbiamo finora parlato della tabella sopra, cioè quella dei I-Ching

MENTRE QUESTA SOTTO E’ LA RAPPRESENTAZIONE DELLA MEMORIA DI UN COMPUTER CON I SUOI INDIRIZZI ENTRAMBE LE DUE TABELLE COINCIDONO IN REALTA’  ALLA RAPPRESENTAZIONE BINARIA.  E SONO PERFETTAMENTE  IDENTICHE !!!

000000 000001 000010 000011 000100 000101 000110 000111
001000 001001 001010 001011 001100 001101 001110 001111
010000 010001 010010 010011 010100 010101 010110 010111
011000 011001 011010 011011 011100 011101 011110 011111
100000 100001 100010 100011 100100 100101 100110 100111
101000 101001 101010 101011 101100 101101 101110 101111
110000 110001 110010 110011 110100 110101 110011 110111
111000 111001 111010 111011 111100 111101 111110 111111

INIZIANO E TERMINANO ALLO STESSO MODO (anche se all’inverso)
SONO 64 CASELLE MA ENTRAMBE PARTONO  DALLO 0 E TERMINANO AL 63 (e quest’ultimo è l’indirizzo più grande delle posizioni di memoria in binario del computer)

I due esagrammi, nei I-Ching,  che abbiamo citato sopra, e così tutti gli altri (a parte la simbologia) hanno sempre lo stretto legame (in binario) con la suddivisione pari e dispari, cioè Cielo e Terra e procedono in progressione come nella tabella sopra.. Nella simbologia legata al numero invece abbiamo: (prendiamo i primi dieci)

1 (dispari)  Cielo, produce acqua e 6 il numero (pari)  della Terra lo completa
2 (pari)  Terra,  produce il Fuoco e 7 il numero (dispari) del Cielo lo completa
3 (dispari) Cielo, produce il Legno e 8 il numero (pari) della Terra lo completa
4 (pari) Terra, produce Metalli e 9 il numero (dispari) della Terra lo completa
5 (dispari) Cielo, produce Suolo e 10 il numero (pari) della Terra lo completa

E’ una teoria simbolica affidata ai numeri, simile a quella dei Pitagorici, come ci fu riferita da Diogene Laerzio: “i quattro elementi della filosofia greca, sono Fuoco, Acqua, Terra e Aria, e derivano indirettamente dai numeri” (Diogene Laerzio, Vite, Libro VIII, cap.19)

Ci fermiano per il momento qui. Sembra proprio che oltre a Leibniz, ad entrare in possesso di una copia del vecchio diagramma, che mostra gli esagrammi in circolo e in quadrato e che lo stesso Leibniz poi ci ricava (quello che già esisteva – il sistema binario)  ne siano venuti in possesso anche i pitagorici, ma anche loro come Leibniz ci capirono poco. Ma quest’ultimo (e lo abbiamo dimostrato già sopra) scoprì  in quei segni una cosa molto semplice (e fu geniale nell’intuirla);  che se sostituiva a ogni riga spezzata lo 0, e a ogni linea intera l’1, i 64  esagrammi procedevano in “progressione binaria” dal numero 0 al 63, e che si basavano sulla permutazione di due cifre o quantità.
Oggi i commutatori elettronici (seguendo la tabella sopra riportata che è la stessa dei I-CHING) operano con lo stesso sistema, flip-flop, acceso-spento, con i commutatori che hanno due posizioni e sono rappresentate dal numero 1 e dallo 0. (e con questa informazione procedono su una stringa (byte) di 64 bit. Quello che oggi poi appare stupefacente, recentemente scoperto dai neuroscienziati,  è che i neuroni nel sistema nervoso centrale degli esseri umani e di altri animali superiori, obbediscono alle stesse leggi. I bottoni sinaptici nel ricevimento degli stimoli (delle informazioni dei cinque sensi) sono “inseriti” o “disinseriti”, per effetto della differenza del potenziale elettrochimico ionico delle rispettive membrane (la cui potenza va da -30 mV a +70 mV  e determinano l’apertura-chiusura delle stesse membrane). Ioni che a loro volta generano un flusso di corrente negli assoni in pacchetti di quanti, che vanno poi a depositarsi nei neuroni lasciandovi (immagazzinandovi) una traccia; è la “traccia mnestica” (presunta registrazione fisica – “in bit”, “in quanti di energia”) dei nostri ricordi o esperienze; una traccia che nessuno fino a oggi ha mai visto, ma in cui molte persone credono.  I neuroscienziati che la cercano, gli hanno già dato un nome “ENGRAMMA”.

John von Neumann, lo scienziato teorico dell’informazione ha già stimato che i ricordi memorizzati durante una vita umana media dovrebbero ammontare a 2,8-1020 (280.000.000.000.000.000.000) bit;  fra quelli che ricordiamo e quelli che abbiamo immagazzinato ma non abbiamo più richiamato alla nostra mente. Ma ci sono! Questo già lo sappiamo con la PET (Tomografia a Emissione di Positroni).

In sostanza l’engramma dovrebbe comportarsi in questo modo; ad ogni ricezione di pacchetti di quanti, lascia una traccia dentro nelle nostre “scatolette”(neuroni). Si comporta come il classico “codice a barre” che il commesso di un supermercato applica su una scatola di pelati quando questi entrano nelle varie “aree” dei  “magazzini”; un generatore di impulsi elettronici, in pacchetti di quanti, scrive una traccia (“elettro-mnestica” stampata su un’etichetta o magnetizzata su un supporto), ed ogni qualvolta  la commessa al banco deve leggere prezzo, caratteristiche o altro, usa all’inverso un lettore che legge la “traccia di quanti”, “memorizzata”. (ogni memoria é inserita in molte connessioni, e ciascuna connessione è implicata in varie memorie – e la nostra rete neurale è fatta proprio così, comprese le “aree” dei “magazzini”) Forse l’era dei calcolatori elettronici, e in parallelo la neuroscienza, potrebbe paradossalmente fornirci una maggiore comprensione dell’antico Oracolo delle Mutazioni; l’ I Ching. O il perchè? di tutte queste singolari ma anche misteriose corrispondenze con i pitagorici, con Leibniz, con  Boole, e oggi con i nostri calcolatori, e con gli indirizzi del nostro computer che in questo preciso istante stiamo usando proprio grazie a I-CHING.

O forse fra poco tutta la logica tradizionale salterà; quella dei i Ching,  la pitagorica (monca), quella di Leibniz , di Boole e di Neuman (copiata dalla prima), e si ripartirà dallo ZERO.

Compreso Einstein. La sua equazione sembra sia stata “copiata” a un autodidatta di matematica; De Pretto, che nel 1903 il 23 novembre, pubblicò al Reale Istituto Veneto delle Scienze il suo studio; Ipotesi dell’etere nella vita dell’Universo”. Formulava già l’equazione E=mc2. Un anno dopo Einstein pubblicò il suo lavoro, L’inerzia di un corpo è dipendente dal suo contenuto di energia?.  Non accenna a De Pretto, per Einstein la riflessione scientifica era fuorviante se si incentrava la questione sull’etere. (Simile a quell’uno dei cinesi? Quasi una religiosa ortodossia). (1)

Il numero citato sopra di bit,  sembra impossibile raggiungerlo con i nostri chip o una serie di chip. Ma solo quelli attuali, fatti con il silicio, non quelle nuove macchine  che “sono già allo studio, basate su strutture molecolari  che possono essere specificate da molecole di Dna e quindi realizzare macchine che sono riproducibili biologicamente. Da questa tecnologia del futuro potrebbe anche emergere una nuova microelettronica basata sulle proprietà quantiche di molecole organiche, anzichè utilizzare le proprietà fisiche del silicio che sono attualmente applicate nel chip. Quello  più complesso ha già, su una “scheggia”, circa 25 milioni di transistor;  si pensa di arrivare nei prossimi decenni a 100 mila miliardi di transistori su un centimetro cubo. Ma la velocità di elaborazione non dipenderà tanto dal numero dei transistori ma dalla complessità delle interconnessioni tra di essi (come le reti neurali).  Si arriverà dunque, al limite fisico critico delle possibilità offerte dal silicio? Nessuna paura, a sostituirlo ci penserà il Computer quantico. In grado di avvicinarsi a quel numero espresso da Neuman. Capace di memorizzare tutte le informazioni dell’intera nostra vita, fin dalla nascita, minuto per minuto, da rivedere -con un “lettore quantico”- in ogni momento, come in un film, addirittura in tridimensionale”. “Esistono già alcuni centri di ricerca nel mondo che stanno esplorando i possibili metodi di estrazione di energia dal vuoto quantico, cioè, creare energia letteralmente dal nulla.” (Federico Faggin; inventore del primo microprocessore, relazione tenuta a Vicenza, il 5 ottobre 1999

“E’ già dimostrato che è possibile creare un computer che opera su “qubits”:  bit di informazione che sono simultaneamente sia UNO che ZERO – un paradosso nella logica tradizionale (in questo caso sia occidentale che orientale. Ndr).  Possibile soltanto usando porte logiche quantiche”. (cit.Idem)

Ritorneremo dunque al mondo UNITARIO? Ma siamo sicuri che la matematica binaria sia davvero matematica? Quell’UNO omesso dai cinesi cosa voleva dire?

Fung Yu-lan, Storia della filosofia cinese
Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico
Judit Hooper, Dick Teresi, L’universo della mente.
G.M. Edelman. Sulla materia della mente
John Eccles, La conoscenza del cervello
McCarthy/Warrington, Neuropsicologia cognitiva
John Barrow, Il mondo dentro il mondo
Karl Lashley, La fisica della mente
Geoff Dromey, Algoritmi fondamentali nella programmazione
G.L. Simons, Intelligenza artificiale, nuova frontiera.
Federico Faggin, “I prossimi cinquant’anni: sarà l’era del computer quantico?”.
(relazione all’Accademia Olimpica a Vicenza –  6 ottobre 1999)
Alfred Douglas. I Ching
Sam Reifler. I Ching
R. Wilhelm, I Ching. Prefaz. di C.G.Jung
John Blofeld, I Ching
(1) Umberto Bartocci, “Einstein e De Pretto, La vera storia della formula più famosa del mondo”
Edizione Andromeda, di prossima pubblicazione

Il Qigong

 

Origini del nome Qigong

Il Qigong è stato conosciuto con molti nomi diversi attraverso la storia cinese. In tempi antichi era chiamato “Tu gu na xin” (lett. Espellere il vecchio, assorbire il nuovo), “Xing qi” (lett. Muovere il Qi), “Yang sheng” (lett. Nutrire le forze vitali), “Nei gong” (lett. Lavoro interiore). Ma la denominazione più comune anche in passato era “Dao yin” (lett. Guidare e condurre), che era una contrazione di un’espressione più lunga e complessa: “Dao qi ling he, yin ti ling rou” che letteralmente significa “Guidare il Qi porta all’armonia, condurre il corpo porta alla flessibilità”.
La spiegazione di questa espressione è che attraverso il riequilibrio della respirazione puoi fare in modo che il Qi degli organi, dei visceri e di tutti i meridiani sia in armonia; attraverso il movimento degli arti, puoi rendere tutto il corpo più flessibile, agile e armonioso. Questo nome si riferisce ai componenti principali dell’auto – terapia: respirazione ed esercizi fisici.
Il termine Qigong è in realtà molto recente. Fu menzionato per la prima volta in un testo attribuito al maestro taoista Xu Sun (morto nel 374 d.C.), ma più probabilmente databile durante la din. Ming (1368 – 1644). La parola Qigong, non fu comunque usata nell’accezione corrente specializzata di “Arte della coltivazione del Qi”, fino al ventesimo secolo.
Secondo l’autrice e studiosa taoista C. Despeux, la parola Qigong apparve nei titoli di due opere pubblicate nel 1915 e 1929, dove “designa la forza proveniente dal lavoro con il Qi e le applicazioni marziali (della stessa forza). L’uso terapeutico di questo termine porta la data del 1936, quando un certo Dong Hao pubblicò a Hanzhou un’opera intitolata “Terapia speciale per la tubercolosi: Qigong”. Da quel momento “qigong” è stato ampiamente usato in questa accezione medica, rappresentando tutte le discipline auto–terapeutiche composte da esercizi e meditazione, dai tempi antichi fino ad oggi.

Etimologia e significato di Qigong

Il nome ormai comunemente usato per designare tutte le tecniche di pratica interiore del sistema corpo – respiro – mente è “Qigong”, composto dai due ideogrammi: “Qi” e “Gong”.

Il primo indeogramma, Qi, ha un’etimologia complessa, poiché è utilizzato da migliaia di  anni con un significato che si è evoluto e modificato nel corso della storia. Era già presente sulle ossa oracolari risalenti ad almeno settecento anni prima di Cristo. Anticamente il carattere era composto dalla sola parte superiore ed esterna, raffigurando solo del vapore che dalla terra sale verso il cielo. In un secondo momento, vi è stato aggiunto il radicale “mi”, indicante il chicco di riso, quindi, quella parte materiale che cuocendo rilascia il vapore, tendendo a rimanere in basso. In sintesi, abbiamo la convergenza dei due elementi fondamentali: l’elemento celeste, yang e quello terrestre, yin. Vi era poi, un altro ideogramma, connesso con lo stesso concetto, formato dal radicale indicante il fuoco, unito ad un carattere con un significato di astrazione, un quid non quantificabile, non visibile, formato da un uomo che lotta contro un ostacolo (quest’ultimo carattere da solo ora significa “no”, è una negazione. Entrambi i caratteri danno bene il senso di un certo stato di materia-energia non quantificabile, non visibile, che trasmette informazioni ed è in continuo movimento.
Il secondo ideogramma, Gong, è composto anch’esso da due elementi: quello di sinistra, che gli dà la pronuncia, indica “lavoro”, quello di destra, invece, significa “forza / potenza”. Per questo il reale significato dell’intero carattere è un “lavoro meritorio”, fatto con impegno e costanza.
Il nome Qigong, è quindi un termine molto significativo, ma, indicando delle tecniche di pratica, anche di molto più ampio significato. Indica infatti tutto quello che può essere fatto per operare sul Qi: dal lavoro fisico sul corpo, muscoli, giunture, organi interni, … alla regolazione del respiro, della mente e del cuore; dal lavoro fatto su se stessi, interiormente, a quello fatto in relazione al mondo esterno e agli individui intorno a noi. Per questo in Cina si parla di Qigong, anche quando ci si rivolge a tecniche di cura che qui chiamiamo massaggi, shiastsu, riflessologia, pranoterapia, …

Il Pensiero Cinese

Per comprendere il significato anche di un solo termine cinese, bisogna fare prima di tutto alcune osservazioni sul tipo di cultura che li genera. Per quanto riguarda il pensiero cinese, la perplessità maggiore per gli studiosi è connessa con il modo in cui i concetti sono esposti: le teorie e le idee dei pensatori sono espresse in maniera concisa, sotto forma di sentenze brevi ma solenni, massime, aforismi.
I filosofi cinesi non hanno mai scritto, in passato, trattati formali, né avevano la necessità di creare una terminologia prettamente filosofica. Le idee si muovevano attraverso una trasmissione orale, di ‘ammaestramento’, più che di insegnamento; un modo prettamente pragmatico, volto a sottolineare l’importanza primaria dell’esperienza e la sperimentazione soggettiva, rispetto all’indagine teorica di una realtà astratta.
Un’altra cosa a cui bisogna poi fare attenzione è la lingua che è usata per esprimere i concetti filosofici di questa cultura. La lingua cinese è una lingua ideogrammatica, più adatta per rappresentare, insieme ai concetti, anche gli atteggiamenti mentali mettendo in luce il modo stesso di pensare dei cinesi, che procede per immagini concrete. In questo modo la lingua raffigura le idee e il pensiero, quindi si traduce in una visione concreta dei contenuti mentali; traduce simultaneamente tutto il processo di percezione, apprendimento e conoscenza con un lessico simbolico e semantico proprio degli ideogrammi. E’ anche un modo in cui si rappresenta e ci si rappresenta raffigurando cose e idee. Ciò significa pensare per immagini, non solo visualizzando un’idea o una cosa, ma facendone anche un ‘discorso sulla cosa raffigurata’. Quindi la lingua creata dai Cinesi è diretta ad ordinare i dati contingenti, gli eventi, gli accadimenti. La loro preoccupazione è, quindi, chiaramente quella, non di conoscere il mondo, ma di organizzarlo. A questo punto risulta comprensibile che ogni traduzione di testi cinesi, risulterà sempre un’interpretazione (per quanto obbiettiva) di natura personale, che tende a sottolineare soprattutto un’idea, dove invece il testo originale ne esprime di più, racchiudendo più significati.
Mondo come insieme ordinato  Nella visione dei Cinesi c’è un comune credo in un ordine umano simile a quello cosmico, derivato dal particolare processo di conoscenza attraverso l’apprendimento dell’esperienza, con il metodo analogico (rapporti, relazioni, corrispondenze). Questo metodo porta alla nozione di un tutto concreto. Si arriva così all’intuizione dell’ unità di cielo – terra – uomo, per cui lo studio di un caso particolare dell’esperienza è sufficiente per scoprire la verità generatrice di tutti i casi reali o possibili dell’universo. L’intuizione diventa nozione sia sperimentando l’alternanza di giorno e notte, delle stagioni, sia col pensiero analogico, ordinando la propria struttura mentale in concordanza al ritmo vitale universale: fu concepita una ‘legge’ insita nelle cose, perché il lavoro dei Cinesi seguiva un ritmo simile a quello annuale. Quindi realizzarono di seguire i corsi ed i ritmi del cosmo e di rifletterli in sé, attraverso i complementari Yin e Yang, concepiti come tempi opposti ed alternati di ‘riposo’ ed ‘azione’ dell’attività umana, concatenati dalla loro successione armonica che è la ‘legge universale’ o Dao (vedi sotto).
Universo: spazio-tempo (in cinese: Yuzhou)  Il termine stesso, in cinese, è composto dei due caratteri ‘spazio-tempo’. Già i Moisti, un’antica scuola filosofica, sorta ca. quattro secoli prima della nostra era, avevano intuito il ‘continuum spazio – temporale’ per cui spazio e tempo non sono due categorie, ma un insieme, perché “il movimento nello spazio esige la durata, e il motivo di questo è spiegato in prima e dopo’ ; inoltre prima e dopo (tempo) sottintendono vicino e lontano (spazio). L’Universo, perciò, è concepito come spazio temporalizzato, che presuppone un incessante movimento in cui, il ‘generatore non generato’, l’energia trasformatrice non soggetta a trasformazioni, porta alla cognizione della realtà come mutamento, e questo è il risultato dell’azione costante e alterna di yin e yang. Universo è quindi ‘Mutamento armonico’ (dove la mutazione è movimento ordinato)
Relazione uomo – natura La Natura, per i Cinesi, è ‘tutto ciò che è altro da me. L’osservazione della natura diventa un’esigenza primaria per conoscere la legge che regola l’Universo nel suo dinamico divenire, non per conoscere un dio al di là dell’esperienza; perché la Natura è regolata da un Ordine non esterno alle cose stesse. Infatti il Monarca, come il Signore dell’Alto, è la personificazione di quell’ordine, come Regolatore e tramite tra il Cielo e la Terra. La Natura, intesa come correlazione tra cielo, terra e uomo, è il luogo di conoscenza.
“Wuji er Taiji”  E’ una frase molto antica tradotta in diversi modi secondo l’interpretazione, una di quelle più accreditate è:”Ciò che non ha un Polo, è il supremo Polo”, mentre da un’altra parte si legge: “Prima era il Non Polo, poi venne il Supremo Polo”. Questa espressione in realtà molto complessa, è utilizzata come legge filosofica, che mette insieme due concetti fondamentali della cosmologia e filosofia cinese: il “Wuji” ed il “Taiji”.
Wuji – Indica: lo sconfinato, l’invisibile, il senza qualità, l’inizio primordiale (o anche il “brodo primordiale”) e la condizione originaria a cui ogni cosa tende a fare ritorno. Nella cosmologia cinese, dall’Wuji, si arriva ad un certo punto al Taiji, da cui si sviluppa la dualità Yin e Yang, … le cinque permutazioni dei Cinque Elementi (Wuxing) … fino alle Diecimila Cose.
Taiji – Chiamato anche “Grande Uno”, indica quella totalità indistinta e non ancora qualificata in Yin e Yang, ma che già li comprende in sé (tanto che il noto simbolo che li raffigura si chiama proprio Taiji). E’ tradotto “Grande Polo”, o anche chiamato “Vuoto” … e come vuoto, si intende, come ho letto da qualche parte: “Il vuoto paragonabile a quello che c’è in un punto preciso del torrente, quando l’acqua presente scorre via ogni momento per far posto a quella che sta arrivando continuamente.” Prende questo nome anche il Taiji Quan (scritto anche Taichi Chuan), molto conosciuto in occidente come forma di “arte marziale dolce”, in realtà, è anche una delle forme esterne di Qigong.
Yin – Yang  Abbiamo qui un binomio, e non due elementi contrapposti. Yin e Yang sono un insieme. Il loro mutamento è simile al sistema del calcolo binario, basato sul concetto alternato di presenza e assenza (0 e 1), per cui una diminuzione di Yin non è mancanza, perché va ad accrescere Yang. Perciò anche qui il mutamento è movimento ordinato determinato dall’opera di Yin e Yang, binomio che ristabilisce il dissidio apparente tra uno e molti (come insieme di modalità apparentemente contrarie ma alterne).
I due termini designano valori contrapposti, simboli antitetici che si attuano in modo ciclico. Le diverse modalità possono essere intese come proiezioni dell’uomo, necessitate dal contatto con la realtà e l’esperienza fenomenica, che si rivelano benigne e maligne allo stesso tempo. L’equilibrio delle due modalità fra loro annulla il dualismo apparente grazie alla loro complementarietà. Le relazioni che legano quindi i due elementi di questo binomio sono quattro: reciproca opposizione, interdipendenza, l’essere inversamente proporzionati l’uno con l’altro, e la continua trasformazione dell’uno nell’altro.
Queste due forze, apparentemente opposte, furono rappresentate con i simboli yin (pendio della collina in ombra) e yang (pendio della collina esposto al sole), ed assimilate a tutti i binomi, a tutte le coppie di opposti della Natura, come: Terra e Cielo, femminile e maschile, notte e giorno, … Questa teoria aveva relazioni molto strette con la magia denominata “magia omeopatica”, con cui aveva in comune il concetto di corrispondenza tra diversi fenomeni naturali.
Legge del Dao   Il carattere Dao (trascritto anche ‘Tao’), può avere diversi significati: insegnamento o arte, metodo; stile di vita; legge di natura che regola i tempi e le trasformazioni dei fenomeni; via o strada; manifestazione del volere celeste, supremo;… Un aspetto del Dao è la manifestazione armonica di Yin – Yang, poiché Yin e Yang sono il Dao (“Yi yin yi yang zhe wei dao” lett. “Una volta yin, una volta yang, questo è il Dao). In questo caso, quindi, il significato che ci riguarda è ‘legge di natura’, secondo cui yin e yang si susseguono in una rotazione e trasformazione continua. Il Dao divenne così la nozione base dell’unitarietà dell’universo. In questo modo non c’è alcun bisogno di ‘Esseri creatori’. Neanche lo Shangti (lett. Signore dell’Alto o Imperatore supremo), o il Tian (cielo) sono esseri creatori. Tuttavia il Sacro ha un posto di primaria importanza ed il culto diviene per eccellenza ‘Rito’, perciò sono presenti divinità tutelari e naturali. Il Signore dell’Alto era il sommo regolatore. Ma non basta. C’è l’esigenza di una legge che governi tutto.
Centro I Cinesi si accorsero che nel movimento del sole, nel tempo di uno spazio percorso, non c’è arresto, ma solo punti di riferimento. Perciò ci fu bisogno di orientarsi, così nacquero i quattro punti cardinali (gli angoli del mondo). Però, essendo le direzioni solo un mezzo, trovarono un quinto punto cardinale, il punto di riferimento simbolizzante il centro. Era anche la ricerca di un orientamento psicologico.
Questa è la nozione che si è sostituita all’asse, o ‘taiji’ (lett. Polo, o Grande Asse), per cui tempo e spazio erano riferibili all’asse come centro, la cui essenza era nel rapporto con l’unitarietà tra Uomo e Universo. ‘Zhong’, il centro, è un’estensione dell’asse, con un significato più profondo: l’Uno, l’Unità e la Fonte (il Dao).
Per quanto riguarda l’Asse o Polo, c’è una frase cinese che ne definisce il significato vero: “Wuji er taiji” Una delle interpretazioni di questa espressione, è: “Ciò che non ha Polo, è il Supremo Polo”. Secondo questa definizione, e secondo quella del “Paradosso di Huishi”(un filosofo cinese): ‘il centro del mondo è a nord di Yen e a sud di ye’, il centro che promuove le direzioni può essere ovunque e in nessun luogo, è illimitato ed infinito. E’ da considerarsi come un “punto neutro”, perché i punti cardinali sono relativi al centro, non hanno un valore assoluto. La Terra, e per traslato l’Uomo, coinciderà con il centro antropico: dove c’è l’uomo, lì c’è il centro. Quindi l’uomo è partecipe di macro e microcosmo, si volgerà dall’eso all’endocosmo, realizzando la sua funzione tra cielo e terra.
Riconoscersi con il Centro, significa riconoscersi con il Sé, cioè avere la potenzialità e l’esigenza di attuare il processo di individualizzazione perché il centro coincide con il Tutto Ontologico (è il Grande Uno – come spazio, è il Grande Principio –come tempo, ed è, per estensione, lo stesso Taiji – Realtà Ultima e Prima Realtà). Il taiji è al centro di tutte le cose, vasto come lo spazio, eterno come il tempo, ma perché si manifesti è necessario essere Uno con il Centro. L’uomo ha quindi la possibilità di assimilarsi con il centro.

Classificazioni del Qigong

Nel corso della storia cinese, i metodi di classificazione del Qigong sono stati molti, diversi a seconda delle scuole e degli autori. Le più comuni sono:
1. per corrente (medico, confuciano, taoista, buddhista e marziale),
2. per sistema (respirazione, trasporto del qi, posizione seduta statica e in piedi),
3. per contenuto (controllo fisico: postura; controllo mentale: concentrazione, distensione o meditazione; controllo respiratorio; auto-massaggio; movimento corporeo),
4. per forma (statico e dinamico),
5. per metodo (con un nome per ogni scopo ricercato, come: calma, nutrimento interno, trasporto del qi, pulizia e nutrimento, …
6. per tecnica (la categoria più numerosa: il piccolo e il grande circuito celeste, l’alchimia interiore, i 18 luohan, …)
La classificazione più generica è quella per forma, dove si differenzia un qigong più attivo o dinamico, che include il movimento (tra cui il Taiji quan), da uno più statico o passivo, in cui il corpo è più fermo, ed il qi è controllato attraverso la concentrazione, la visualizzazione e, soprattutto, il respiro. La classificazione più diffusa è quella che divide per correnti o scuole, ed è quella a cui mi riferirò in questa sede, per dare una suddivisione schematica dei vari scopi ricercati dalla pratica del Qigong:
Qigong Medico: comprende tecniche terapeutiche, indirizzate a varie sintomatologie o patologie. In realtà tutti gli esercizi sono considerati terapeutici, ma la classificazione dipende da dove è rivolta maggiormente l’attenzione. In questo insieme troviamo tecniche di auto – guarigione, quindi esercizi eseguiti dalla persona per superare un problema o per guarire da una malattia. Troviamo poi anche tecniche di ‘terapia del Qi esterno’, metodo molto antico in cui la persona diventa in grado di controllare il flusso di Qi, dirigendolo all’esterno per trasmetterlo ad un’altra persona.
Qigong confuciano: è rivolto a migliorare o rafforzare il carattere del praticante. Confucio (VI – V sec. a.C.) ha insegnato l’importanza di un comportamento etico e di interrelazioni personali armoniose. La concentrazione qui, è sullo sviluppo delle virtù nobili del confucianesimo: integrità o giustizia (Yi), saggezza o conoscenza (Zhi), benevolenza o equanimità (Ren), rispetto dei riti e dell’etichetta o educazione (Li), affidabilità o sincerità (Xin). Riportato alla medicina cinese: una persona integra sarà anche sana, e viceversa; infatti queste virtù, sono connesse, nella classificazione medica dei cinque movimenti, a corrispettive emozioni degenerative verso i vari organi interni, rispettivamente: ansia o tristezza (polmone), paura (rene), rabbia o risentimento, frustrazione e senso di colpa (fegato), gioia, eccitazione o shock (cuore), empatia o continuo pensare, rimuginare (milza).
Qigong taoista: direttamente e più apertamente derivato dalle tecniche di coltivazione della lunga vita degli asceti taoisti, e dalle danze e tecniche dell’antico sciamanesimo, comprende tecniche fisiche di imitazione del movimento degli animali, o comunque tese a riportare l’individuo in un fluido seguire le leggi naturali. Ma insieme a queste, c’erano anche pratiche dietetiche, sessuali, elioterapiche, tutte volte al raggiungimento della longevità, o dell’immortalità. Il Qigong taoista ortodosso, originario, comprendeva quattro livelli di pratica:
1. “Zhu ji” (lett. costruire le fondamenta): Con questo nome erano indicate le tecniche teoriche e pratiche di introduzione al Qigong: per il raggiungimento del rilassamento corporeo e mentale, per diminuire notevolmente il flusso dei pensieri, fino a fermarlo completamente.
2. “Ning jing lian qi” (Lett. Condensare il jing per raffinare il Qi): chiamato anche “Lian jing hua qi” (lett. Raffinare il jing per trasformarlo in Qi) La parola “ning” sta ad indicare la concentrazione mentale su alcuni punti del corpo (come per esempio i tre “dantian”), “lian qi” e “hua qi”: questi indicano che di conseguenza a quella concentrazione su un punto, il qi può scorrere all’interno del corpo come nube e pioggia, nei meridiani, dalla cima della testa fino ai piedi.
3. “Lian qi hua shen” (Lett. Raffinare il Qi per trasformarlo in Shen): qui, una volta raggiunta l’armonia tra mente – cuore e volontà cosciente(o intenzione), il qi sarà raffinato per raggiungere un livello più sottile di consapevolezza, spirituale. Quindi questo passo rappresenta uno sviluppo di sensibilità particolari non solo al livello fisico.
4. “Lian shen huan xu” (Lett. Raffinare lo shen per tornare al vuoto): per I taoisti questo è il passo più importante, in cui la “perla brillante” all’interno del dantian, si espande nel busto fino alla testa, illuminando tutto il corpo, che diventa così radiante da portare la persona in diretto contatto con il tutto. E’ l’estasi in cui si eliminano tutti i confini tra uno e molti, tra “io” microcosmo ed il macrocosmo universo, o Natura.
Qigong buddhista: I praticanti buddhisti hanno derivato le loro tecniche da influenze culturali esterne, in particolare tibetane e indiane. Lo scopo di un Qigong definito buddhista è comune a quello dello stesso buddismo: sviluppare delle virtù, che possano, attraverso un’elevazione spirituale, portare la persona all’illuminazione. Ma lo scopo non ultimo delle tecniche bubbhiste era, anche qui, ottenere, dopo la salute fisica, anche vari “poteri”, capacità particolari di veggenza per esempio.
Qigong marziale: lo scopo di quest’ultimo è rafforzare il fisico e sviluppare la capacità di dirigere il Qi all’esterno per colpire l’avversario, e più importante, sensibilizzare il praticante a prevenire i colpi dell’avversario.
Comunque lo scopo ultimo è, anche qui, quello di raffinare la personalità del praticante, in modo da evitare di arrivare al combattimento. I cinesi dicono che il vero Maestro di “arti marziali” è colui che non ha bisogno di combattere. La mia opinione riguardo l’abitudine di classificare, differenziando, le varie tecniche di pratica del Qigong, è che siano tutte comunque fuorvianti, in quanto la differenza fondamentale di tutte le pratiche è, secondo me, lo scopo per cui si pratica il Qigong. Infatti, se lo scopo è fisico, terapeutico, spirituale, sportivo, culturale, religiosa, … si potrà anche utilizzare lo stesso tipo di esercizio, di posizione o di movimento con un’attenzione mentale puntata ad uno scopo invece che ad un altro.

Principi Teorici del Qigong

Ci sono vari concetti connessi con il qigong, che bisogna conoscere per capire bene le modalità di lavoro del qigong: il significato di Jing, Qi, Shen; i tre Tiao (armonizzazioni), Tiao Shen, Tiao Xi e Tiao Xin; il Dantian; la teoria di yin-yang e dei Wu Xing (5 fasi); il sistema dei Jingluo (lett. “ordito – trama”, qui indica i meridiani principali e i collaterali); gli Zang Fu (lett. “palazzi e magazzini”, qui indicano organi e visceri).
Jing, Qi, Shen: Chiamati anche i “Tre tesori”, sono tre forme di energia, dalla più grossolana alla più sottile; Jing eShen sono anche definite come le forme yin e yang del Qi. Si possono anche collegare i tre Tesori, con corpo, respiro e mente. Qui torniamo ai tre principi del Qigong, per cui bisogna lavorare con tutti gli aspetti della persona: non è possibile dare attenzione al corpo, senza darla alla mente, o al respiro, o viceversa non si può praticare solo la meditazione senza considerare il corpo (come si fa in molte tecniche religiose).
Inoltre, se esso è yin rispetto al Qi, ha esso stesso espressioni yin e yang. L’aspetto yang è rappresentato dalla saliva.  Questa, nonostante sia fisicamente composta di enzimi digestivi, e di anticorpi protettivi, energeticamente è legata alla sessualità. Nelle tecniche sessuali del Qigong taoista, i partners sono consigliati di ingerire la saliva del compagno come scambio del qi sessuale durante il rapporto. Per la medicina cinese il Jing cresce e si sviluppa lentamente durante la fanciullezza, raggiungendo il suo massimo all’età di 21 anni, poi decresce, a meno che non controlli e si aumenti con la pratica del Qigong. La diminuzione di Jing è associata, per questo, con molti dei segni di invecchiamento come osteoporosi, abbassamento della funzionalità del sistema immunitario, mancanza dalla libido, capelli bianchi, rallentamento dei riflessi, memoria povera.
Jing è l’energia che crea il midollo osseo e la materia grigia del cervello (cervello era chiamato anche “sui hai”, o mare dei midolli.). Una delle tecniche più famose del qigong taoista era “huan jing bu nao” (lett. “invertire il Jing per ristabilire il cervello”).
Ci sono tre risorse esterne per accumulare Jing: è ereditato dai parenti; deriva dalle parti raffinate e purificate del cibo; e, nel Qigong taoista, è dato e assorbito dal proprio partner sessuale. Ci sono anche varie risorse interne di Jing: la maggiore riserva è il Dantian inferiore; tra gli organi interni la sua sede è nel sistema dei reni (che include non solo i reni, ma anche le surreni e il sistema urogenitale). Secondo i testi alchemici taoisti, il Jing è prodotto internamente dalle energie combinate di reni e polmoni. Qualunque cosa migliori la salute di questi organi, aumenterà anche la riserva di Jing.

Qi – Il carattere di Qi ha un’etimologia più complessa, essendo utilizzato per migliaia di anni, fin dalle ossa oracolari risalenti ad almeno 700 anni prima di Cristo. Prima raffigurava solo del vapore che sale (prima immagine del carattere), poi vi è stato aggiunto lo stesso radicale che forma il Jing, indicante il chicco di riso (seconda immagine). Quindi qui si uniscono i vapori che dalla terra salgono verso il cielo a formare nubi, ed il riso, quindi la parte materiale che cuocendo rilascia quei vapori, tendendo a rimanere in basso. Si sintetizzano le convergenze dei due elementi fondamentali: l’elemento celeste, yang, e quello terrestre, yin. Il Qi del cielo che preme da sopra, insieme a quello che viene dalla terra che preme da sotto. Inoltre vi era un secondo carattere connesso con lo stesso concetto (terza immagine), formato dal radicale indicante il fuoco, unito ad un carattere con un significato di astrazione, un quid non quantificabile, non visibile, formato da un uomo che lotta contro un ostacolo. Quel carattere da solo ora significa no, negazione. Entrambi i caratteri danno bene il senso di un certo stato di materia-energia non quantificabile, non visibile, che trasmette informazioni ed è in continuo movimento.
Il concetto di Qi si è sviluppato nel tempo, insieme alla medicina cinese. Infatti, via via che le basi teoriche della medicina delle corrispondenze sistematiche diventavano più solide e specifiche, anche il significato di vecchi termini, utilizzati in passato, cambiò. E’ questo il periodo in cui apparve per la prima volta un termine che aveva il significato di influenza sottile (qi) e scompare il termine “gui”, demone. Quindi, dove in passato si definiva un’influenza esterna maligna “demone cattivo” (xiegui), ora si cominciò ad utilizzare al suo posto la definizione di “influenza sottile maligna” (xieqi). Il termine Qi mantenne questo significato fino all’undicesimo, dodicesimo secolo d.C., quando, probabilmente, apparve anche il chicco di riso sotto il vapore. Da qui in poi, si può veramente tradurre il carattere di “Qi” come energia, soffio, energia vitale.
Il Qi nella medicina cinese è poi classificato in base alla sua qualità nella fisiologia del corpo umano: Yingqi (Qi nutritivo), Weiqi (Qi protettivo), Xieqi (Qi patologico, perverso), Yuanqi (Qi primordiale), Zongqi (Qi primario), Zhengqi o Zhenqi (Qi autentico o immunitario).
La sua energia è invece perduta quando passiamo troppo tempo a guardare fuori, preoccupandoci degli avvenimenti esterni o delle nostre idee rispetto a quelli. Gli stati di mente disturbata, confusa, … sono malattie dello Shen.
Mentre il Jing scorre attraverso le ossa e il Qi attraverso i meridiani principali, lo Shen scorre attraverso una serie di canali chiamati “Otto meridiani straordinari”. Questi sono quei percorsi su cui si focalizza l’attenzione attraverso alcune classiche meditazioni di Qigong, come “La piccola Circolazione celeste” (Xiao Zhoutian).
I tre tiao (Le tre armonizzazioni) – Questi sono i tre principi fondamentali della pratica del Qigong, che lo rendono completo come sistema di pratica, perché non tralascia alcuno dei principali componenti dell’organismo umano: corpo, respiro e cuore-mente:
1. Tiao Shen (Armonizzare, regolare il corpo)- Essenzialmente, questo significa fare in modo che il corpo si rilassi: che ogni cellula del proprio corpo raggiunga un rilassamento completo, cosicché anche la mente si rilassi di conseguenza. Quando vi è un disturbo in qualche parte del corpo, vuol dire che il Qi non scorre liberamente. Attraverso le tecniche che permettono il “Tiao Shen”, e quindi, attraverso la regolazione del corpo ed il raggiungimento dell’equilibrio, è eliminato il blocco di energia (Qi), che può così scorrere in modo fluido e, se c’era dolore, scompare disciogliendo le tensioni. Si lavora sullo scorrimento, perciò, del Qi all’interno dei meridiani, si controlla lo Zheng qi (Qi autentico), regolando il corpo ed anche la mente, in modo che questa controlli le funzioni dell’intero organismo, anche attraverso l’incanalamento dell’energia data o ricevuta, negli organi malati. Nelle arti marziali, questo controllo del Qi avviene, fino ad emetterla per attaccare o difendersi dal nemico. In termini più occidentali, si punta al rilassamento di muscoli, giunture, ed alla bonificazione dei tendini. La corteccia cerebrale entra in uno stato di inibizione protettiva, di tranquillità. In questa situazione di rilassamento, i segnali trasmessi dalla corteccia cerebrale, di cui un terzo sono emessi dalle mani (soprattutto dal palmo), la posizione statica o il lento movimento fa sì che rivolgiamo la direzione dei campi magnetici dove più ci serve.
2. Tiao Xi (Armonizzazione del respiro) – Regolare la respirazione, significa far sì che l’energia presente nell’atmosfera possa entrare ed essere utilizzata bene dal corpo, in modo da allungare la vita di tutte le cellule, e così anche la vita umana. Inoltre regolare il respiro serve ad aprire la mente, a potenziare le capacità del cervello, a far uscire le tossine dal corpo attraverso i polmoni e la pelle. La respirazione naturale dovrebbe essere regolare, lunga, sottile e profonda, ma mai forzata. Ma cosa si intende per respirazione, quando si lavora con essa? Ci sono tre fasi che completano il ciclo respiratorio. Respirazione esterna, la prima, è quella di solito considerata da sola come respirazione; in realtà è solo il primo scambio di aria che avviene all’interno dei polmoni, tra gli alveoli e i capillari polmonari, dove il gas passa nel sangue. La Distribuzione dell’aria, seconda fase, avviene nel sangue, dai capillari della circolazione polmonare attraverso tutta la rete di vasi e capillari periferici. La terza fase, quella della Respirazione interna, coincide con lo scambio interno, tra la circolazione sanguigna e le cellule dei tessuti. Da lì, poi, effettuato il nutrimento, la circolazione sanguigna serve al contrario, per riportare ai polmoni il gas già utilizzato, l’aria vecchia, da eliminare, per completare la purificazione di tutte le cellule nutrite. Quindi, il sistema respiratorio e quello circolatorio, sono strettamente connessi: il cuore comanda la circolazione, ma il sangue raggiunge le varie parti del corpo solo quando l’energia dei polmoni fluisce senza interruzione. Il compito dei polmoni non è perciò solo di scambio con l’esterno, ma anche di distribuzione del nutrimento in tutto il corpo.
3. Tiao Xin (Armonizzazione del cuore-mente) – Visto che cuore e mente sono indicati qui da un unico carattere (anticamente la sede della mente era considerata essere proprio il cuore), il lavoro di regolazione è questa volta rivolto al cuore-mente, come sistema di emozioni, sensibilità, reattività, apparato psicofisico. Bisogna sgomberare la mente da ogni preoccupazione, coltivare pensieri positivi. “Noi siamo come un pino fermo e stabile, esternamente sereni e rivolti verso la natura. Tutto quello che riguarda il nostro corpo è come gli uccelli, e i fiori della natura esterna”. La mente deve essere calma e rilassata come l’acqua di un lago. Lo scopo più alto è non sentire più i limiti tra noi e la natura intorno a noi. “Il piccolo non ha confini interni, il grande non ha confini esterni.” Dal punto di vista mentale, quindi, il Qigong regola la corteccia cerebrale ed il cervello su cui sono riflessi i pensieri e le attività mentali. La visualizzazione e la meditazione sono potenti mezzi di regolazione delle emozioni, ed attraverso quelle, degli impulsi nervosi che causano la produzione, tra l’altro di sostanze fisiologiche e chimiche (come l’adrenalina, o … la produzione della saliva). Si ha una sistematizzazione dell’attività elettrica delle cellule cerebrali nella corteccia, e un incremento della stessa funzione cerebrale, con l’entrata in uno stato inibitorio protettivo, che aiuta la riparazione degli organi interni. Regola la funzione del Sistema Nervoso Vegetativo, cura l’ipertensione, l’ulcera gastrica, la nevrastenia, diminuisce e riequilibra le secrezioni interne, abbassa il colesterolo e cura le malattie cardiovascolari. Migliora i focolai causati da riflessi patologici, tratta malattie croniche di cuore, fegato, polmoni, milza, nevrosi e cancro; può far aumentare la secrezione di bile, bilanciando così le funzioni digestive. Tutto questo avviene sempre se si fa un lavoro costante su tutti i componenti dell’organismo, e quindi, lavorando insieme con le tre armonizzazioni.
Il Dantian inferiore è considerato la radice dell’uomo, è il luogo di origine dei “cinque soffi” (altra antica denominazione dei cinque Qi, elementi o movimenti), racchiude l’essenza ed è il luogo dove si raccoglie il rimedio, il Dan. E’ la porta di unione di Yin e Yang.
A partire dal dodicesimo secolo, i campi di cinabro sono prima di tutto sede di trasformazione del Jing, del Qi e dello Shen, sono tre regioni del corpo attorno alle quali sono concentrate le tre tappe del lavoro psico-fisiologico del Qigong, chiamato anche Neidan, perché rappresenta l’insieme delle tecniche che permettono la coltivazione del Dan interno e quindi la possibilità di ottenere la longevità. Ecco perché in molte delle tecniche usate, si sviluppa la capacità di concentrazione sui Dantian, per sviluppare, coltivandolo, il principio vitale, chiamato anche “embrione della longevità”.
Teoria del binomio Yin-yang e dei Wuxing (cinque fasi, movimenti) – Per quanto riguarda la teoria del binomio Yin-yang, l’abbiamo già brevemente trattata sopra. Ora brevemente introduciamo quella dei Wuxing, collegandola a quanto già detto di Yin e Yang.

Tutto ciò che esiste è il prodotto di un’unica energia che si manifesta a vari livelli. Nella cosmologia cinese, il cosmo è un’immagine del principio (Dao), non il principio stesso. Il Taiji (lett. “Il Grande Polo”, raffigurazione della apparente dualità in continua trasformazione di Yin-yang) rappresenta che l’unità rimane anche dopo la trasformazione avvenuta durante e dopo la creazione dall’ Wuji (lett. “Non Polo”, “L’ultima vacuità” a cui si tende come scopo ultimo di tutte le pratiche spirituali).

Dunque, nella manifestazione dell’universo: dall’ Wuji si giunge al Taiji (dal Nulla si arriva all’Uno); dal Taiji si hanno Yin e Yang (dall’Uno si passa al Due), da Yin e Yang e dalla loro continua trasformazione in tre (cielo, terra e uomo al centro), quattro (le quattro direzioni che l’uomo vede intorno a se), cinque (le quattro direzioni più il centro, come comprensioni della relatività delle direzioni stesse, e della propria centralità), man mano si arriva alla differenziazione più particolareggiata con le “Diecimila cose”. Ma la differenziazione è solo relativa, qualitativa, legata al continuo movimento trasformatore circolare di Yin e Yang. Dire che tutto è materia, o tutto è energia, a questo punto è la stessa cosa. L’energia è materia indifferenziata (stato yang), la materia è energia differenziata (stato yin). Più l’energia prende forma più essa è yin, meno ha forma più è yang.
Nello “Huangti Neijing” si dice: “Per trattare le malattie bisogna andare fino alla radice. Ora lo Yang accumulato forma il cielo, lo Yin accumulato forma la terra. Lo Yin è tranquillità, lo Yang è movimento. Lo Yang fa nascere, lo Yin fa crescere. Lo Yang fa morire, lo Yin sotterra…” Yin e Yang fermi si combinano, movendosi si separano, si differenziano, ed è proprio attraverso questa differenziazione dovuta al movimento continuo, inevitabile, che si hanno gli Wuxing, le cinque fasi (o cinque elementi, movimenti, come sono definiti sui testi occidentali).
Il fondatore della teoria filosofica degli Wuxing, connessa con la natura e che influenzò il sistema di corrispondenza della medicina cinese, fu Zou Yan (circa 350 – 270 a.C.). Secondo questa teoria, l’autore suddivise le connessioni di fenomeni naturali e concetti astratti, non in due (come nella teoria yinyang), ma in cinque linee di corrispondenza, scegliendo come simboli i cinque elementi naturali: metallo, legno, acqua, fuoco e terra. Il principio dinamico di trasformazione ciclico era lo stesso: ognuno di questi elementi era solo una fase nel continuo ciclo di trasformazione.
Secondo questa teoria: il metallo crea l’acqua, l’acqua crea il legno, il legno crea il fuoco, il fuoco crea la terra, la terra crea il metallo. Invece secondo il ciclo di controllo, l’acqua sottomette il fuoco, spegnendolo; il fuoco sottomette il metallo, fondendolo; il metallo sottomette il legno, tagliandolo sottoforma di sega; il legno sottomette la terra, come attrezzo agricolo; la terra sottomette l’acqua, come una diga. Questi cinque elementi sono solo simboli di corrispondenza e ad ognuno di essi corrisponde un organo ed un viscere, una stagione, un colore, un periodo delle ventiquattro ore, un organo di senso, una nota musicale, un percorso specifico lungo la superficie del corpo che in seguito fu chiamato “meridiano” o “canale”.

Qigong Statico

Posizioni base:
Le posizioni in cui si può praticare il Qigong statico sono molte, e molti sono i motivi per cui se ne può scegliere una invece di un’altra. Ci sono posizioni più adatte per persone deboli o malate, per degenti in ospedale, o per chi non ha, soprattutto all’inizio, una capacità di concentrazione ben sviluppata. Altre posizioni sono invece più adatte a persone in buona salute o a chi lo ha già praticato in passato, sviluppando una capacità migliore di concentrazione e di rilassamento. Qui di seguito analizzo ed introduco solo le più conosciute ed utilizzate nel lavoro statico fatto con una postura eretta, mentre esistono poi innumerevoli forme e posizioni utilizzate anche per la pratica da seduti o sdraiati, oltre a tutte quelle che si evolvono trasformandosi l’una nell’altra durante la pratica in movimento.
ZHAN ZHUANG ( lett. “Stare come un palo”): posizione eretta. In essa l’attenzione è posta al rilassamento delle gambe, che sono leggermente flesse, ai piedi che hanno tra loro una distanza compresa fra la larghezza delle anche e quella delle spalle. La schiena è dritta con i glutei leggermente ruotati in avanti, in modo da tendere ad annullare la curva naturale della colonna vertebrale. Le spalle sono rilassate in fuori, il torace è basso, il collo esteso, in modo da continuare la linea dritta di tutta la colonna. Le braccia sono rilassate lungo i fianchi. La testa è rivolta verso l’alto, con il mento appena in dentro. Lo sguardo è rivolto all’infinito, leggermente più in basso dell’orizzonte.
Questa è una delle più antiche posizioni del Qigong statico in Cina. Si hanno prove della sua utilizzazione già intorno all’inizio della nostra era, durante la dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.), ma è molto probabile che le sue origini siano anche molto più lontane nel tempo. E’ spesso soprannominata anche “Posizione dell’albero”, e si pensa che le origini strutturali e funzionali di essa siano connesse ad un’attenta osservazione dell’albero che con le radici in profondità si mantiene forte e solido, prendendo il nutrimento che, attraverso il fusto, il tronco e la chioma, porta fino alle foglie più alte; allo stesso tempo, tende in alto verso il cielo, da dove prende energia dal sole, dalla pioggia, rimanendo stabile, ma morbido e tranquillo al vento, che lo fa ondeggiare senza turbarlo o abbatterlo.
QI SHI (lett. “stare in piedi stabilmente” o “posizione d’inizio”) Questa è la posizione d’inizio di tante forme di Qigong, Taiji quan e arti marziali cinesi. Qui tutto il corpo è rilassato, i piedi sono aperti, alla stessa distanza delle proprie spalle, con le punte rivolte verso l’interno, le braccia cadono pesanti lungo i fianchi, con le dita delle mani tese ma rilassate, i palmi rivolti verso il corpo; il respiro è regolare e lo sguardo è fisso davanti a sé.
La posizione appena descritta è fisicamente identica a quella chiamata Zhanzhuang, quello che la fa diversa è l’intenzione, che la rende “posizione d’inizio” di una forma dinamica o, in ogni caso più complessa anche nel Qigong statico – dinamico. In ogni modo, se questa è la differenza tra le due, per alcuni maestri, in genere sono interscambiabili, tanto che anche questa può essere mantenuta a lungo per un lavoro completamente statico, fino anche a tre quarti d’ora senza interruzione.
Al di là delle differenze di denominazione, comunque, fisicamente ed energeticamente, questa maniera di stare in piedi è importantissima nel lavoro del Qigong, perché in questo modo tutti i percorsi del Qi sono aperti completamente ed esso scorre più libero e fluente, sia nei 12 Jingluo (i meridiani principali), sia in quelli straordinari: Remai, Dumai, Daimai, ecc. Se le spalle sono contratte, vi si accumula una gran quantità di Qi e Xue (sangue); appena queste si rilassano, il blocco di Qi e Xue si trasforma in una forte ondata verso le spalle stesse, fino alle mani, così si possono avere alcune sensazioni sulle punte delle dita come: gonfiore, addormentamento, calore …
TI BAO SHI ( lett. “forma del portare in braccio”) Posizione che è stata soprannominata anche “Abbracciare la palla all’altezza della cinta”, perché in questo modo si descrive più facilmente la forma da prendere con le braccia. Infatti, la posizione è quella in cui si sostiene una grossa palla all’altezza dell’addome, con le mani rivolte entrambe verso la zona del Dantian inferiore(c.a. tre dita sotto l’ombelico) e le dita di ogni mano rivolte verso le corrispondenti. Le due mani sono a circa un pugno di distanza una dall’altra. Per il resto la posizione è quella dello Zhanzhuang, che abbiamo già visto. Questa forma lavora molto approfonditamente, in particolare sull’addome e sul sistema digerente, sul fegato, oltre che sul sistema nervoso centrale e periferico. Va usata meno dalle donne durante il periodo mestruale, quando l’attenzione va spostata preferibilmente verso il Dantian medio (al centro del torace) o, se se ne ha esperienza, sui reni.
CHENG BAO SHI (Lett. “forma del mantenere/sostenere in braccio”) Anche questa posizione ha un soprannome che ne descrive più esplicitamente la forma: “Sostenere la palla all’altezza del torace, o delle spalle”. Le braccia sono questa volta più in alto, con i gomiti rilasciati e le mani rivolte verso il torace, dove, proprio nel centro, sulla linea dei capezzoli, si trova il Dantian medio, punto in cui concentriamo anche l’attenzione della mente. La posizione del corpo, è ancora, per il resto, quella dello Zhanzhuang. Anche questa posizione ha un benefico effetto su molte malattie del corpo. Si usa soprattutto per problemi legati al sistema respiratorio o a quello circolatorio, in particolare per il cuore.
XIUXI SHI (lett. “forma del riposo”) Esistono due posizioni che si utilizzano come ‘posizioni di riposo’:
La prima è quella in cui le mani sono poste, con la zona compresa tra dorso e polso, sulla schiena, all’altezza dei reni. E’ un’ottima posizione per chi soffre di dolori di schiena o ai lombi, o, più in genere per le persone che hanno un vuoto di Yang.
Nella seconda, invece, le mani sono poste davanti, con i palmi poggiati sul basso ventre, con le dita rivolte in direzione dei genitali. E’ una posizione terapeutica per chi ha problemi in quell’area, o per chi ha, in genere, un vuoto di Yin.
In entrambe le posizioni, le gambe sono completamente rilassate, ma non flesse, i piedi sono ben piantati a terra, le mani sono leggere e rilassate, il respiro è naturale e la lingua è leggermente appoggiata al palato.
MABU ZHAN ZHUANG (lett. “posizione a cavallo” o “posizione del cavaliere”) E’ una delle posizioni più usate nel Qigong statico, soprattutto quello più marziale, ma non solo. E’ infatti comune in alcune tecniche di Qigong buddhista ed anche di quello terapeutico, in particolare il “Kongjin gong”. La posizione, tenuta con le gambe divaricate e flesse, in modo da essere seduti su uno sgabello invisibile di altezza variabile, è diversa a seconda delle possibilità del praticante, e del tipo di pratica in cui è utilizzata; può essere mantenuta più o meno aperta e più o meno bassa.
Dal punto di vista della sua utilizzazione pratica, il “Mapu” è una posizione importante per quanto riguarda la circolazione del Qi all’interno del corpo: è ottima per permettere lo scorrimento fluido del Qi nel “piccolo circuito celeste”; buona di conseguenza anche per lavorare su due punti molto importanti nell’agopuntura, il baihui (che si trova sulla cima della testa)e lo huiyin (situato dalla parte opposta, in basso, nella zona perineale), punti che vengono messi in connessione diretta attraverso il mantenimento statico di questa posizione. Per questo motivo, una volta stabilizzati nel “Mabu”, si può approfondire il lavoro con tecniche aggiuntive di braccia e mani, o con visualizzazioni e meditazioni.

BIBLIOGRAFIA
1. Cao Jian, Qigong daolun, Gaodeng jiaoyu chubanshe, Beijing 1989
2. Cho Tahung, Esercizi terapeutici cinesi, Red edizioni, Como 1987
3. D’Annibale P., Greco F., Ming W.C.Y., Antichi Segreti di Guarigione Taoista, Nuova Ipsa Editore, Palermo 1995
4. Hoizey D., Storia della Medicina Cinese dalle origini ai nostri giorni, Raffaello Cortina editore, Milano 1990
5. Lam Kam Chuen, La via del Qigong, l’arte cinese della forza e dell’energia, Red edizioni, Como 1996
6. Ma Jiren, Shiyong zhongyi qigong xue, Shanghai kexue jishu chubanshe, Shanghai 1992
7. Song Tianbin, Zhongyi qigong xue, Renmin weisheng chubanshe, Beijing 1994

Taiji e stili interni

Gli stili interni e il Taiji

La tradizione più accreditata colloca il centro di origine degli stili interni sul monte Wudang, che si trova nella provincia di Hubei nel Nord-Ovest della Cina; in questo luogo era praticato il culto taoista della divinità Xuandi

( l’imperatore Nero, il guerriero protettore del mondo) che risiede nella Stella Polare, punto di riferimento del Taiji quan.
Sul monte Wudang pare abbia vissuto circa 800 anni fa (1127-1279) il monaco taoista Zhang Sanfeng che è indicato come il creatore del Taiji quan. Infatti, se si interrogano i maestri sull’origine di quest’arte, essi sono soliti raccontare questa storia: l’eremita Zhang Sanfeng un giorno era affacciato alla finestra della sua capanna quando la sua attenzione fu attirata dal grido di un uccello. Si sporse e vide una gazza spaventata scendere dall’albero su cui si trovava. Ai piedi dell’albero c’era un serpente. Nel duello che seguì la gazza fu battuta dal serpente il quale combatteva con flessibilità e con movimenti curvilinei. Zhang Sanfeng capì allora che la flessibilità è più efficace della rigidità ed individuò tutta una serie di elementi che formano la base del Taiji quan.
Si dice infatti: Quando un uomo è vivo, il suo corpo è morbido e flessibile;
Quando è morto è duro e rigido.
Gli alberi e le piante sono molli e pieghevoli quando crescono,ma secchi e fragili alla morte.
Così essere duri e rigidi è l’aspetto della morte; essere morbidi e cedevoli, quello della vita.

Gli Stili Interni, sono caratterizzati dall’utilizzo della Energia Interna in uno stato psicofisico di rilassamento in cui decontrazione muscolare e vuoto mentale consentono nel combattimento un atteggiamento di cedevolezza che neutralizza l’applicazione di forza dell’avversario. L’allenamento pertanto mira alla consapevolezza e allo sviluppo dell’energia interna per consentirne una buona circolazione. Questi stili hanno la loro origine, come approccio “energetico”, nelle prime pratiche energetiche del Dao Yin risalenti alla metà del III millennio a.C. e nello sviluppo successivo del Qi Gong (in particolare nel III sec. a.C.). L’unione di queste pratiche energetiche con le arti marziali avviene solo più tardi, nel V sec. d.C. grazie al monaco buddista Bodhidarma che applica il Qi Gong agli stili di combattimento, dapprima utilizzando il Qi Gong dei 5 animali elaborato dal medico Ha Tuo nel II sec. d.C. per rinvigorire il fisico dei monaci dopo le lunghe meditazioni, e successivamente codificando 18 esercizi (shi ba luo ha shou) da cui si ritiene abbia poi avuto origine lo stile Shaolin. 3 Molto probabilmente già durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) si diffusero degli stili di arte marziale che possono essere considerati i precursori degli Stili Interni: fonti diverse riferiscono il Mian Quan (pugilato del cotone) e il Rou Quan (pugilato morbido), lo Hsientien Quan praticato dall’immortale Li Tao Tze, il San Shi Qi ideato dall’eremita Xu Xuan Ping. La differenziazione definitiva tra le due scuole può essere collocata a cavallo tra il XIII e il XIV sec., se consideriamo l’origine leggendaria del TJQ con la figura dell’immortale monaco taoista Zhang San Feng che avrebbe ideato il cosiddetto e discusso Sistema Wudang (dal nome del monte Wudang dove sorge il tempio taoista, centro del culto della divinità taoista Xuan Di, l’Imperatore Nero, guerriero protettore del mondo che risiede nella Stella Polare). Notizie certe che documentano la nascita dei vari Stili Interni sono invece del XVII sec. e riferiscono alcuni personaggi chiave per ciascuno stile: Chen Wangtin per il Tai Ji Quan, Yue Fei per il Xing Yi Quan e Dong Haichuan per il Ba Gua Quan.

Tàijíquán (Wade-Giles T’ai Chi Ch’uan – pugno della suprema polarità)

Forma di combattimento basata sul controllo dell’avversario secondo i principi taoisti dell’alternanza fra Yin e Yang, le tecniche di questo stile vengono applicate evitando il contrasto e ricercando la fluidità e le linee di minor sforzo. È divisa principalmente in cinque stili (Chen, Yang, Wu, Wu Yu-Xiang e Sun) di cui il più antico (lo stile Chen) può esser fatto risalire al 1600. Sebbene sia a tutti gli effetti una disciplina marziale e di combattimento, in occidente è diventata popolare nella sua forma di ginnastica per la salute.

Xíngyìquán (Wade-Giles Hsing I Ch’uan – pugno dei cinque elementi)

Stile basato su tecniche rettilinee esplosive e su un controllo lineare dello spazio; le sue tecniche di base sono catalogate, seguendo la cosmologia taoista, secondo i cicli costruttivi e distruttivi dei cinque elementi (metallo, legno, acqua, fuoco e terra) e dei dodici animali (Drago, Tigre, Scimmia, Cavallo, Coccodrillo, Gallo, Aquila, Orso, Uccello Tai, Serpente, Falco, Rondine) in modo che ad ogni attacco corrisponda, in modo più o meno univoco, una parata ed un contrattacco.

Bāguàzhǎng (Wade-Giles Pa Kua Chang – palmo degli otto trigrammi)

Sviluppato nel XIX secolo sulla base degli esercizi taosti della “meditazione camminando in cerchio” è ben presto divenuto uno dei capisaldi delle tecniche di combattimento interne delle arti marziali cinesi. Si tratta di tecniche principalmente circolari e fluide, tanto da essere spesso viste come il naturale contraltare dello Hsing-Yi. Il nome di questo stile deriva dagli otto trigrammi che formano la base del Yijing (il libro dei mutamenti) e che sono alla base della cosmologia taoista.

Il Wushu

Cenni Storici

n cinese questo termine e’ composto da due ideogrammi:
Wu = guerra e Shu = arte.

 

wushu significa letteralmente “arte marziale” ed unisce in se gli aspetti del combattimento, dello sport, della conservazione della salute e della concezione filosofica del mondo, tipica della tradizione culturale cinese, in occidente conosciuto come “Kung fu” che significa “duro lavoro”, termine invece che sta ad indicare un’abilità eccezionale raggiunta con un lavoro duro, meticoloso e raffinato nelle attività spesso manuali o fisiche, con sottointeso riferimento all’ambito marziale. Pertanto la parola corretta da usare per indicare l’insieme degli stili e dei metodi delle arti marziali cinese è Wushu.

 

Risalire in modo certo alle origini delle arti marziali cinesi risulta essere al quanto complesso, poiché come in tante altre culture “Il Sapere” e la “conoscenza” venivano tramandati oralmente, per questo esistono una serie di leggende e di personaggi leggendari a cui risulta impossibile dare un origine storica certa. Infatti le arti marziali erano tramandate di padre in figlio e dai maestri (Sifu) il Sifu rappresentava il punto di riferimento del villaggio, era il saggio e aveva delle conoscenze di medicina tradizionale e una cultura decisamente superiore al resto del villaggio.

 

Ciò che invece può darci un indicazione un po’più certa delle origini delle arti marziali sono le rappresentazioni artistiche, trovate in particolari oggetti e dipinti in cui vengono raffigurati uomini in evidente posa di combattimento o di danza (probabilmente guerrieri) risalenti al periodo preistorico, circa tre o quattromila anni fa. Le arti marziali quindi venivano identificate in danze di guerra e da una serie di esercizi fisici che servivano per la preparazione dei guerrieri/soldati.

 

Nel periodo denominato “Primavere ed autunni”(Annali delle primavere e degli autunni sono la cronaca ufficiale del Regno Cinese Lu, che copre il periodo dal 722 al 481 a.c., tradizionalmente attribuiti a Confucio, nei quali si narrano gli avvenimenti dello stato), nascono e si sviluppano le grandi correnti filosofiche cinesi, il Confucianesimo e il Taoismo, ed è proprio in questo periodo che le arti marziali iniziano a fondersi con la filosofia e la religione. Da tenere presente comunque che l’attenzione rivolta all’esercizio fisico e alla medicina terapeutica in Cina è precedente allo sviluppo delle arti marziali pertanto molte teorie che sono alla base delle arti marziali sono descritte nei testi di medicina cinese e soprattutto nella medicina terapeutica e preventiva in cui si sono per cosi dire sviluppati una serie di esercizi fisici che hanno preso il loro spunto da alcune posizioni di animali, infatti in alcune tecniche di Wushu ritroviamo appunto i nomi di questi animali

 

Verso la fine della dinastia Han (206 a.c. 220 d.c.) il famoso medico cinese Hua To, mise insieme una serie di esercizi basati sull’imitazione di cinque animali (Wuqinxi), con lo scopo di migliorare la salute e le capacità fisiche del praticante. Sempre intorno a questo periodo un’altro personaggio il filosofo e medico Taoista Ge Hong, diede un altro importantissimo contributo alle arti marziali introducendo gli esercizi di respirazione del Qigong, si narra che Ge Hong insisteva molto sull’importanza del lavoro “interno allo scopo di migliorare quello “esterno”, scrisse anche un famoso trattato (il Baopuzi) nel quale viene spiegata l’importanza che possiede la mente nel guidare e sviluppare il Qi all’interno del corpo e di come la combinazione dei tre fattori corpo respiro e mente siano essenziali nel wushu.

 

Un’altro periodo importante che segna la storia del wushu è il periodo in cui il Buddismo si espande nella Cina, nel quale nascono i primi monasteri Buddisti, verso il 495 d.c., un monaco buddista indiano, di nome Batuò fondò il tempio Sium Lam (giovane foresta) nella regione della Cina chiamata Henan, nel quale alcuni discepoli incominciarono a impadronirsi di alcune forme di boxe, altri monasteri appartenenti alla stessa corrente buddista vennero edificati anche a nord, e il nome Sium Lam venne trasformato in Shaolin in lingua mandarina. In seguito verso il 520 d.c. il monaco buddista Bodhidarma diede origine ad una corrente buddista chiamata Ch’an (zen).

 

In passato non esisteva una distinzione del wushu in scuola esterna ed interna, tale distinzione incomincia verso la fine della Dinastia Ming (1368-1644), nelle diverse ipotesi che danno origine a questa distinzione, alcuni ritengono che   la paternità della scuola esterna è attribuita al monaco buddista Bodhidarma (Da Mo) originario dell’India personaggio straniero, da qui il termine“esterno”, mentre la scuola interna viene fatta risalire, come pensiero filosofico, agli insegnamenti di Lao Tzu, un cinese quindi “interno. La scuola esterna si sviluppa sotto l’influenza della religione Buddista mentre la scuola interna si sviluppa sulle basi filosofiche del Taoismo e del Confucianesimo. Il luogo a cui fa riferimento la scuola esterna è il tempio buddista sede di famosi monaci guerrieri , chiamato con il nome di Shaolin, mentre il luogo di riferimento per la scuola interna è il Wudang montagna sacra Taoista, per cui ormai è diventato di uso comune far riferimento come scuola esterna al “sistema Shaolin”, a quella interna come “sistema Wudang”.

 

Bodhidarma introdusse alcuni esercizi fisici allo scopo di aiutare i monaci, che trascorrevano la maggior parte del loro tempo in meditazione sedentaria, e anche per potersi difendere dagli attacchi nemici, la serie più importante di questi esercizi sono conosciuti con il nome di Chin Chin, Hsi sui Ching, e i “18 movimenti del Lohan” basati sull’imitazione dei movimenti di 18 animali.

 

Sucessivamente Chuen Yuan (chiamato anche Kwok Yuen), giovane monaco buddista, revisionò gli esercizi introdotti da Bodhidarma e mise insieme una serie di 72 tecniche differenti, poi si racconta che ancora insoddisfatto dalle nuove tecniche, si mise in cerca di altri maestri fuori dal monastero per completare la sua ricerca, incontrò così i maestri Pai YU Feng, e Li Chieng del sud della Cina, che decisero di aiutarlo, e misero insieme una sintesi di 170 nuovi movimenti che diventarono la base della scuola esterna di cui prese il nome di Shaolin quan.

La scuola esterna è caratterizzata dall’uso della forza fisica , ossia da un lavoro fisicamente molto duro, in cui vengono utilizzate delle tecniche molto precise e ben definite nelle quali si esprimono movimenti veloci ed esplosivi. Pertanto per poter conseguire dei buoni o ottimi risultati è necessario un allenamento costante e faticoso, tale allenamento porta inevitabilmente ad un rafforzamento dell’apparato osteo-articolare e muscolo-tendineo per cui diventa possibile conseguire un’ alto livello di agilità, acrobazia e forza.

 

La pratica di queste tecniche porta ad un uso razionale della respirazione(qi), alla protezione dei principi vitali (jing), al controllo dell’intenzione(Yi), e all’elevazione dello spirito in un processo detto “raffinazione delle tre energie” (Qi-Jing-Shen).

 

Wushu oggi, agonismo e olimpiadi

 

Nella Repubblica Popolare Cinese il wushu è materia di insegnamento scolastico; Gli insegnanti si laureano presso l’Istituto di Educazione Fisica di Pechino – specializzazione Wushu
Il valore atletico del Wushu dei nostri giorni si ritrova nell’educazione e nell’affinamento dei movimenti che devono risultare comunque fluidi, morbidi, eleganti nella loro veloce e spesso complessa successione di gesti, movimenti nei quali la centralità  e l’equilibrio del corpo è fondamentale.
Dopo il successo di immagine che il Wushu ebbe partecipando, quale disciplina dimostrativa orientale, ai Giochi Olimpici di Berlino del .1936 gradualmente si è modificato tecnicamente adattandosi alle esigenze competitive dell’occidente diventando un interessante sport internazionale e ponendo le premesse per diventare uno sport olimpico.

Il percorso del Wushu come sport

Le tappe importanti del Wushu, dopo l’esperienza quale disciplina dimostrativa alle Olimpiadi del 1936 in Berlino, sono state:
• 1956 istituzione a Pechino della China Wushu Association
• 1982 organizzazione in Pechino della prima Conferenza Mondiale del Wushu
• 1985 costituzione del Comitato Promotore della Federazione Mondiale del Wushu
• 1990. Costituzione in Pechino, della International Wushu Federation – I.Wu.F.
• 1994 .La I.Wu.F. viene riconosciuta dal G.A.I.S.F. – General Association International Sport Federation
• 1999 Ill C.I.O. – Comitato Internazionale Olimpico riconosce in quale aderente la I.Wu.F.
• 1999 adesione della I.Wu.F. all’Association Recognized International Federation
• 2002 Con le parole del Presidente CIO Rogge: “il Wushu è benvenuto ad unirsi alla famiglia olimpica” è stato formalizzato il riconoscimento da parte del C.I.O. della I.Wu.F. quale Federazione Internazionale Olimpica
Attualmente la I.Wu.F. conta 86 Federazioni Nazionali affiliate che rappresentano i cinque Continenti e si stima che i praticanti del Wushu nel mondo siano vicino ai 10 milioni, considerando che nella sola Cina vi sono oltre 12.000 scuole di wushu .

Gli stili nel Wushu

Lo sport del Wushu comprende due discipline chiamate: Taolu e Sanshou.
Il Taolu, un insieme di movimenti di attacco e difesa, si suddivide in esercizi effettuati a mani nude, esercizi con armi, esercizi di gruppo e combattimenti prestabiliti.
• Gli esercizi a mani nude includono i seguenti stili: Changquan (stile del nord), Nanquan (stile del sud), Taijiquan, Xinylquan, Baguazhang, Tongbeiquan, Ditangquan.
• Gli esercizi con armi comprendono gli stili della Sciabola, della Spada, della Lancia, della Doppia Sciabola, della Frusta con nove sezioni, e del Bastone.
• I Combattimenti prestabiliti possono essere svolti da due, tre o più atleti e sono divisi in esercizi con o senza armi.
Il Sanshou è una forma di combattimento a pieno contatto, che si esegue con gli arti inferiori, con gli arti superiori e con diverse tecniche di proiezione.
Le forme moderne
A livello agonistico internazionale le competizioni prevedono:
• Nella disciplina del Taolu, sia maschile che femminile 10 stili: Changquan, Nanquan, Taijiquan, Daoshu, Jianshu, Nandao, Taijian, Qiangshu, Gunshu, Nangun
• Nella disciplina del Sanshou, per soli uomini, sono previste 10 categorie di peso: 48,52,56,60,65,70,75,80,85,90, oltre 90.

Le forme Olimpiche

La I.Wu:F., International Wushu Federation, ha proposto al C.I.O – Comitato Internazionale Olpimpico di inserire nei Giochi Olimpici di Pechino la disciplina del Taolu nei seguenti stili:
• Maschi: Changquan, Nanquan, Sciabola, Bastone.
• Femmine. Changquan, Taijiquan, Spada, Lancia.

Gli stili del Wushu

Gli stili principali che compongono oggi il Wushu sono il Chang Quan o Boxe Lunga, il Nan Quan o Boxe del sud, gli stili interni come il Tai Ji Quan e il combattimento libero chiamato Sanda o Sanshou; in più a questi vi sono alcuni stili Tradizionali adattati a necessità agonistiche.

Le forme del Wushu appartenenti al Chang Quan o boxe lunga derivano dai movimenti e dai principi di diverse scuole del nord, come il Cha Quan, l’Hua Quan, il Paochui Quan, Hong Quan, lo Shaolin Quan, il Fanzi Quan e molti altri. Nel Chang Quan le posizioni delle mani, dei piedi, gli sguardi e i salti sono stati standardizzati e codificati, così come le evoluzioni e le cadute sono state inserite nelle forme secondo differenti gradi di difficoltà, per consentire la pratica anche ai principianti ed ai bambini.
Le principali caratteristiche del Chang Quan sono l’agilità e la velocità dei movimenti, l’estensione e l’eleganza delle posizioni. I praticanti di Chang Quan esasperano le loro posizioni portandole alla massima estensione permessa dalle braccia, compiono movimenti velocissimi, miscelano molti salti con posizioni aperte e combinano potenza e morbidezza con accelerazioni e pause generando così un effetto scenico molto coreografico.
Il Nan Quan o boxe del sud deriva anch’essa da differenti stili, tra questi i più diffusi sono gli stili delle famiglie Hong, Cai, Liu, Li e Mo di cui abbiamo accennato sopra e altri stili minori compresa la boxe della tigre nera. Il Nan Quan mette in evidenza le posizioni eseguite con un baricentro basso in modo da garantire un’ottima stabilità. Le tecniche sono principalmente corte ed eseguite per lo più con gli arti superiori mentre i calci sono ridotti e mirano soprattutto a bersagli bassi. La pratica di questo stile è spesso accompagnata da emissioni di suoni legati alle tecniche respiratorie proprie di questi stili.

Nel Wushu la pratica si suddivide in esercizi da competizione eseguiti singolarmente chiamati Jingsai Daolu, cioè una sequenze di movimenti prestabiliti (Nan Quan, Chang Quan o stili esterni), i quali simulano un combattimento con degli avversari immaginari o rispondono a tecniche ben precise. I Daolu si suddividono ulteriormente in esercizi a mani nude Quanshu Daolu oppure esercizi con armi Bingxie Daolu (principalmente sciabola Dao, bastone Gun, lancia Qiang e spada dritta Jian). Un altro tipo di pratica del Wushu è caratterizzata dagli esercizi in coppia o in trio chiamati Duilian, i quali imitano combattimenti prestabiliti a mani nude o con armi.
Infine vi è il combattimento libero chiamato Sanda o Sanshou, dove i due praticanti, muniti di idonee protezioni, combattono utilizzando le tecniche proprie di questo stile.

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